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Fitzgerald pubblicò questo libro nel 1925. L'autore è riuscito, con maestria, a trasmettere tutta l'atmosfera di quegli anni "ruggenti" che, per certi versi, mi hanno fatto ricordare un po' l'atmosfera che respiravamo nei nostri anni '80, in cui l'edonismo e il ripiegamento nella sfera del privato ci spingevano sempre più verso un cieco egoismo e un materialismo consumistico e libertino. A mio avviso, i personaggi chiave sono Tom Buchanan e Jay Gatsby. Il primo, è un ricco borghese apparentemente "per bene", ma razzista, violento e adultero, quindi falso e assai ipocrita; il secondo, è un delinquente il cui sincero amore per Daisy trasformerà in una persona migliore, tanto da farcelo apparire come uno sfortunato idealista e un povero illuso all'inseguimento del suo "Graal". Il messaggio dell'autore è chiaro: le apparenze ingannano, spesso dietro una facciata di perbenismo e buona nomea, si cela un individuo spregevole; al contrario, un "contrabbandiere" può rivelarsi una persona capace di nobili sentimenti e grandi slanci di altruismo. Sono molti i temi dell'opera: il proibizionismo; l'incoscienza di quegli anni euforici, ricchi di illusioni, denaro facile e sete di potere; e poi tanti elementi autobiografici sparsi qua e là. Ma, secondo me, ci sono altri due tempi fondamentali. Il primo, è quello del rimpianto: certi treni passano soltanto una volta; e poi c'è quello che più mi ha colpito: l'irriconoscenza del genere umano. Quest'ultimo si manifesterà in tutta la sua terribile realtà nel finale del libro, ma non voglio rivelare di più. Basti qui dire che quando ho chiuso il libro, dopo aver letto l'ultima pagina, mi è venuta in mente una frase attribuita ad Enrico De Nicola: "La gratitudine è il sentimento della vigilia".
Voto: 8 La storia è molto avvincente. La prima parte non mi aveva colpito granché, ma da metà in poi il libro diventa ricco di colpi di scena. Lo stile di Fitzgerald è particolare, molto prezioso ed elegante, ma a volte anche un po' ostico. L'avevo già sperimentato con Tenera è la notte, ma il Grande Gatsby mi è piaciuto di più: consiglio a chi non ha letto nulla di questo autore di partire da qui! In questo romanzo l'autore crea atmosfere surreali ma credibili, che nella loro pomposità celano i grandi vuoti degli animi umani.
Questo romanzo mi ha colpita nel profondo. Provai a leggerlo da adolescente ma non ne avevo colto la carica di innovazione, mi sembrava una storia profondamente banale e ripetitiva, così decisi di interrompere la lettura dopo la prima ventina di pagine. Condizionata anche dal film del 2013 con Leonardo di Caprio( film che reputo bellissimo in tutto tranne che nella scelta dell'attrice per Daisy, poco adatta al ruolo secondo me), mi sono decisa a rileggerlo e non me ne sono affatto pentita. Il libro offre uno spaccato straordinariamente fedele di quello che doveva essere il clima dei ruggenti anni venti tra gli americani ricchi, clima nel quale emerge trionfalmente Gatsby, così pregno di mistero e talmente chiacchierato da sembrare più una figura mitologica che una vera e propria persona. Le attuali caratteristiche di Gatsby e soprattutto la sua immensa ricchezza sono la molla con la quale Gatsby tenta l'impresa della vita: conquistare il suo amore di gioventù, Daisy. Il libro però non parla solo di una storia d'amore non realizzata, ma di molto altro. Parla di conflitto sociale, di differenze tra nuovi ricchi e persone facoltose da generazioni e generazioni, al punto che il lettore si chiede se l'amore di Gatsby per Daisy non sia solo un sentimento puro ma anche una sorta di sublimazione del riscatto sociale tanto anelato dal protagonista fin dal suo primo incontro con lei. Quel che è certo è che l'amore di Daisy per Gatsby è infantile, di facciata, e si rivolge più alla sua condizione economica che non a lui personalmente. Gatsby cade nella trappola del passato, un passato pieno di fantasmi che lo tormentano. Forse l'insegnamento che ci ha comunicato l'autore è proprio questo: il passato non si può ripetere, e forse è meglio così. da leggere
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