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Cani d'estate #corpi - Sandro Veronesi - copertina
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Cani d'estate #corpi

Descrizione


Cani d’estate è un grido d’allarme su quanto sta accadendo oggi, ma anche una testimonianza, il senso di una lotta che oggi coinvolge migliaia di persone.

«A scatenare i latrati sono le parole – due, per la precisione – che potevano benissimo essere evitate senza che il senso di quell’infame decisione cambiasse di una virgola, e che tuttavia vengono pronunciate: la parola “pacchia” e la parola “crociera”» - Sandro Veronesi

«Questo libro nasce da una ferita. Quasi tutti i libri nascono da una ferita, ma di solito si tratta di una ferita intima, personale: questa invece è una ferita collettiva, inferta da un ristretto numero di persone a un gran numero di persone. Questo libro è anche un ritorno»

L’acceso dibattito portato avanti da Veronesi contro “l’uomo che non conosce il mare”, a partire dalla vicenda delle navi Aquarius e Diciotti, la chiusura dei porti come unica soluzione al fenomeno delle migrazioni, lo sdoganamento di un linguaggio xenofobo e razzista, ma anche e soprattutto una successiva mobilitazione collettiva in difesa dei fondamentali diritti dell’uomo e della politica dell’accoglienza e della solidarietà.
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Dettagli

2018
29 novembre 2018
107 p., Brossura
9788893950114

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RICCARDO
Recensioni: 5/5

Breve saggio di uno dei migliori scrittori italiani sull'argomento migrazioni e chiusura dei porti da parte "dell'uomo che non conosce il mare". Fa piacere vedere tanti nomi famosi o meno condividere il pensiero dell'autore e diventare "Corpi" contro la xenofobia e il razzismo dilaganti, contro le vergognose parole "pacchia" e "crociera". "Quando qualcuno e' in pericolo di vita, non gli chiedi il documento di identita'..."

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isa76
Recensioni: 5/5

il sito è di facile consultazione pertanto l'acquisto risulta veloce.

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Loris
Recensioni: 4/5

Apprezzo da anni il romanziere Veronesi. Questo breve pamphlet nasce dall’istintiva reazione alla scelta di chiudere i porti prima destinati all’approdo dei migranti. Lo sdegno dello scrittore deriva prima di tutto dal linguaggio aggressivo e cinico usato dal responsabile di questa politica. Il tentativo iniziale di mettere in gioco la fisicità del proprio corpo a supporto delle idee è stato frustrato dagli eventi e dalla ‘burocrazia’. Veronesi è quindo tornato alla parola scritta, modulando la forza dell’invettiva civile tramite l'uso efficace di ironia e sarcasmo.

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Voce della critica

Quest’ultimo squarcio di anno che volge al termine ha visto dal punto di vista editoriale alcune chiare e nette prese di posizione da parte di un’abbastanza nutrita schiera di scrittori e intellettuali che con i loro interventi, e alcuni casi opere di diversa forma e contenuti hanno affrontato i più scottanti temi dell’attualità politica e sociale che ci riguarda, il cosiddetto mondo reale che i cosiddetti amanti della pura vibrazione estetica della letteratura vorrebbero espunti dal mondo delle lettere, come se le due cose poi non potessero stare assieme. Parlo ad esempio dell’ironico pamphlet di Michela Murgia uscito lo scorso ottobre per Einaudi dal titolo Istruzioni per diventare fascisti sottotitolo fascista è chi il fascista fa, che mette in guardia dal pericolo di possibili derive autoritarie che possono scatenarsi , senza un’attenta opera di vigilanza, grazie all’utilizzo da parte di chi gestisce il consenso di metodologie che vanno a minare il tessuto democratico: «manipolando gli strumenti democratici si può rendere fascista un intero paese senza nemmeno pronunciare mai la parola fascismo» scrive la Murgia. Parlo anche del provocatorio libriccino di Edoardo Albinati Cronistoria di un pensiero infame (Baldini&Castoldi), dove è narrata con tutte le implicazioni teoriche del caso, l’origine di quel pensiero, quando durante una lettura pubblica lo scrittore aveva auspicato la morte di un bambino sulla nave Aquarius bloccata in porto da giorni, in modo da sensibilizzare l’opinione pubblica sulla cinica e disumana politica del governo italiano in carica. Come terzo esempio di questo presunto e per molti versi auspicabile, visto i tempi che corrono, ritorno alla letteratura impegnata, mi sento di soffermarmi sul volume di Sandro Veronesi, l‘indimenticato autore di Caos calmo, in qualche modo speculare a quello di Albinati per i temi trattati e cioè la denuncia delle criminali politiche del governo italiano sugli sbarchi, prendendo spunto dal caso della nave Diciotti, origine, cronaca e esiti ora raccolti nel volume Cani d’estate (107 pagine, 7 euro), edito da La Nave di Teseo.

Con qualche mese di ritardo mi sono accorto che anche io, che non appartengo alla categoria degli intellettuali, e ovviamente con diversi esiti, durante la scorsa estate ho abbaiato come i cani di cui parla Veronesi, ecco la parola giusta, come lo scrittore che, preso dall’indignazione e con la miccia accesa dalle famose parole “pacchia finita” e “crociera” del Ministro dell’Interno, ha fatto letteralmente i bagagli e si è lanciato in quest’opera mettendoci la faccia e il corpo, benché anche il suo di corpo, come quello dei migranti naufraghi sia stato bloccato a Barcellona per l’assurdità (anche terminologica) della chiusura dei porti. Questa esperienza è diventata un libro nel quale si alterna la cronaca delle origini dell’impegno dello scrittore alla causa, dalla lettera appello a Roberto Saviano, alla risposta e all’adesione di vari intellettuali raccolti sotto l’hashtag #corpi, fino all’illuminante intervista a Oscar Camps, il fondatore della ONG Open arms dedita ai salvataggi in mare, fino a capitoletti con gustose digressioni e intermezzi letterari altamente significativi, a proposito di denuncia civile e letteratura che non possono stare assieme, storie e leggende sempre funzionali al drammatico tema trattato e che confermano le doti di grande affabulatore di Veronesi e tutta la sua dissacrante verve e ironia, come nella riproposizione dei messaggi via Twitter a mo’ di troll inviati dallo stesso autore all’indirizzo del Ministro dell’interno, responsabile primo di tanto scempio, mettendo in campo le stesse insulse armi utilizzate dai seguaci dell’attuale terza carica dello stato. Fra queste interpolazioni e licenze poetiche una menzione speciale va al commovente, e significativo nel contesto, capitoletto dedicato al compleanno della figlia dell’autore.

Il libro parla di una ferita, una ferita collettiva, come Veronesi stesso auspica possa essere riconosciuto il libro anche da parte di chi magari non lo leggerà mai, augurandosi che in ogni caso si sappia che Cani d’estate parla di quella ferita là, la ferità inferta alla stessa umanità da parte di cinici politicanti che per calcoli di tipo elettorale, permettono che uomini donne e bambini affoghino in mare, magari a poche miglia dalle coste della bellissima Sicilia, perché proprio di questo si parla, come Veronesi ci tiene a sottolineare, del discrimine tra la vita e la morte.

Per l’immensità del tema trattato non è fra l’altro un libro di cui si sia parlato molto on line (e offline), benché ci siano state alcune interviste, articoli sui quotidiani, che si sa ormai li leggono solo pochi pensionati dopo il cappuccino al bar. Vai a cercare le recensioni on line, magari per stimolarti la lettura e se su Google digiti “cani d’estate recensione”, dopo i primi tre risultati che sono i re-indirizzamenti ai due maggiori distributori nazionali, subito dopo trovi sì due link a un’intervista rilasciata dall’autore al Corriere della Sera, e poi una stilettata di recensioni vere e proprie, ma a L’estate del cane nero di Carofiglio, o al fantomatico cane bambino come al titolo del sicuramente degnissimo L’estate del cane bambino di tali a me sconosciuti Laura Tofanello e Mario Pistacchio, con il mio più profondo rispetto nei loro confronti…per dire che anche l’essermelo procurato il libro di Veronesi è stata essa stessa quasi un’ impresa: uscito il 29 novembre 2018 in libreria, dove io mi rivolgo per i miei acquisti, non quelle indipendenti nascoste nei vicoli, ma quelle mainstream con tutte le luci al posto giusto e i festoni già pronti e io che pensavo di trovarlo lì esposto in bella vista nel banco novità, ecco che nel primo caso alla mia richiesta sul libro mi viene detto che non risulta che Sandro Veronesi abbia pubblicato alcunché di recente, nel secondo, alcuni giorni dopo e dopo frenetiche ricerche sul terminale da parte del volenteroso addetto: «sembra che siano in arrivo 10 copie nel giro di una settimana», nel terzo caso, ancora alcuni giorni dopo ancora e sempre in una di quelle grandi librerie con le luci tutte accese e ormai in pieno shopping natalizio, dopo sguardi sconcertati e dubbiosi sull’esistenza stessa del libro, mi viene detto che ci sono diverse copie in magazzino e che se ho la pazienza di attendere 10-15 minuti me ne procura una. Ringrazio l’addetta dicendole che ho fretta e che in caso ripasserò, per non doverle dire a male parole che sarebbe il caso che fosse in bella vista sugli scaffali all’ingresso. Insomma, questa è stata la mia esperienza che mi fa dire senza voler sembrare come quello con la coda di paglia, che non ci siano stati molti rumours nella filiera  e fra tutti i cosiddetti addetti ai lavori tradizionali, ma tant’è.

Sono poche pagine che corrono veloci in un formato tascabile, da poter tenere anche all’interno della giacca, o in quella posteriore dei jeans, o magari in quella laterale della felpa, perché no nella pochette, per ricordare in ogni momento che ce ne sia bisogno a tutti noi chi siamo e cosa dobbiamo rimanere, corpi ed esseri umani.

In tal senso è un libro militante, testimone della sproporzione dei mezzi e delle forze in campo: l’immensità del mare che ci bagna a fronte della disperata lotta di tanti esseri umani alla ricerca di un futuro migliore di quello dato loro in sorte, l’immensità di un apparato cinico e repressivo statuale fatto di frontiere e porti chiusi a fronte di naufraghi che vanno a picco su dei barconi insieme alla civiltà e all’umanità di quelli stati e istituzioni che dovrebbero soccorrerli, un libro che dovrebbe chiamare in causa, tutti noi in un senso pre-politico e non solo gli intellettuali, perché come dalla citazione da Mark Twain riportata nei ringraziamenti finali «Tra vent’anni più per le cose fatte sarai deluso per le cose che non avrai fatto, quindi molla gli ormeggi» e se non proprio in senso letterale come ha fatto Sandro Veronesi la scorsa estate tentando di imbarcarsi sulle navi delle ONG per abbaiare il suo disgusto, anche ognuno di noi può fare la propria parte nei modi che sentirà più consoni, abbaiando in qualche modo contro il razzismo, come recita la fascetta di copertina, perché abbaiare è quello che fanno i cani quando sentono il pericolo e dovendo riconoscere almeno che il male ha di positivo il fatto di far emergere e contarsi quelli che intendono combatterlo, intellettuali o meno.

Recensione di Simone Bachechi

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Sandro Veronesi

1959, Firenze

Scrittore italiano, fratello del regista Giovanni Veronesi. Ha compiuto i suoi studi nel campo dell'architettura, optando definitivamente per la scrittura a 29 anni. Risale infatti al 1988 il suo primo libro Per dove parte questo treno allegro. Con Gli sfiorati Veronesi inizia a rivelarsi come uno scrittore fantasioso e raffinato. Nel 1992 esce Cronache italiane, raccolta di articoli apparsi per la maggior parte sul supplemento domenicale de il Manifesto negli anni tra il 1988 e il 1991.  Dopo lo studio sulla pena di morte nel mondo (Occhio per occhio), Veronesi scrive Venite, venite B 52 (vincitore del Premio Fiesole nel 1996), con cui si allontana fatalmente dalla narrativa della tradizione italiana, avvicinandosi a certi autori americani della cultura psichedelica, come Thomas...

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