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Anno edizione: 2013
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«Dio t'aiuti, vecchio: i tuoi pensieri hanno creato in te una creatura.»
«L’autore parla dell’animo umano, e lo fa raccontando della baleniera Pequod, con uno slancio epico che non ha nulla da invidiare ai poemi omerici: la grandezza del mare, l’intensità della ricerca, la minuziosa descrizione della vita in nave che solo qualcuno che l’ha sperimentata avrebbe potuto scrivere.» – Francesco Prioli per Maremosso
«La "materia" di cui tratta "Moby Dick" non è che un'abnorme espansione di un banale antefatto. Un incidente di caccia. Un episodio, dunque, assai frequente all'epoca della narrazione in un mestiere così rischioso come quello della caccia alle balene. L'incidente consiste in questo: un capitano baleniero, Achab di Nantucket, è mutilato d'una gamba nello scontro con un capodoglio, Moby Dick, noto soprattutto per la caratteristica della bianchezza. Tutto qui. Il fatto non è che una piuttosto prevedibile conseguenza dell'antefatto. Achab (ormai anziano) insegue il cetaceo per farsi vendetta (ne è ossessionato fino alla follia) della mutilazione uccidendolo. Tutto qui. L'argomento ci viene esposto da un narratore onnisciente e da un certo Ismaele – un giovane all'epoca dei fatti imbarcato sul "Pequod", il bastimento in navigazione sulle rotte di Moby Dick – che diverrà testimone oculare. Tutto qui. Bisogna leggere questo racconto per questo, senza curarsi affatto delle implicazioni (e le simboliche innanzitutto), bisogna leggerlo per quello per cui è stato concepito: narrare la lotta di un uomo (impazzito) contro un animale (astuto)... Ammirare un racconto come "Moby Dick" è possibile soltanto se si compie quell'immersione nel testo che ogni buon lettore deve fare: abbandonarsi alla lettura, alla voce (o le voci) dello scrittore, darsi alla sua affabulazione, seguirne le circonvoluzioni delle mente e dell'anima, vivendo quello che ha scritto "per divenirne il suo stile".» (dall'introduzione di Alessandro Ceni)
Se avete 32 anni potrebbe deprimi il fatto che Melville alla vostra età avesse già scritto "Moby Dick". Per qualcuno è considerato uno dei più grandi romanzi mai scritti, edito da Feltrinelli l'ho preferito nella sua traduzione. Inizia così: "Chiamatemi Ismaele"; con queste due semplici parole questo è uno degli incipit più semplici e più strepitosi della letteratura americana. Subito ci porta a uno strano patto con il protagonista: Ismaele che è narratore e testimone di questo viaggio su questa baleniera, la Pequod nell'Oceano Atlantico. Lo so che state pensando: "ma questo libro è grande, è pesante, è doppio..." ma io sono convinto che farete spazio nello zaino per portarvelo dietro. Non è solo la storia di una caccia alle balene, non è solo la storia del Capitano Akab e della sua ossessione per Mobi Dick, dietro questo libro c'è la fragilità umana, c'è la vendetta e l'eterna lotta dell'uomo contro la natura. È un libro fatto di minuziose descrizioni e di riferimenti marinari, dentro ci sono dialoghi bellissimi e lunghi silenzi, ci sono pagine ricche di simbolismi e di riferimenti biblici: è un viaggio tra i mari ma anche nell'oscura inquietudine umana, non è solo un viaggio in avanti ma anche un viaggio verso il basso, si scende nel profondo nell'abisso dove abita il Leviatano. Rubo le parole di Melville quando parla dell'abisso: "dove in memori nomi e flotti arrugginiscono, e taciute speranze e àncore marciscono". Buon viaggio nell'abisso.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Libro che vale la pena rileggere in questa interessante traduzione di Ottavio Fatica (che recentemente si è cimentato anche nella nuova traduzione de il Signore degli Anelli).
Libro ovviamente neanche da commentare: classico e capolavoro senza tempo. La traduzione è molto toscaneggiante, chi non proviene da quella regione avrà qualche difficoltà di comprensione
"Moby Dick" non è solo un romanzo, ma una profonda esplorazione della natura umana, della follia e del rapporto dell'uomo con il sublime. Melville ci conduce su una baleniera in cerca di un nemico leggendario, Moby Dick, una balena bianca che incarna l’inspiegabile e il terrificante. Il capitano Achab, con la sua ossessione cieca, è una figura epica e tragica, mentre la voce narrante di Ishmael ci guida tra dettagli tecnici e meditazioni filosofiche. La scrittura è ricca e densa, talvolta ardua, ma ripaga con una profondità ineguagliabile. Consigliato a chi cerca un viaggio letterario che sfida e arricchisce.
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