Tracotanza. La sindrome di Didone

C'erano una complicità, un'ambiguità nel modo in cui si toccavano, in cui si parlavano, persino in cui si insultavano, che non sapeva spiegarsi. 2006. L'anno della nazionale campione del mondo, l'anno di Del Piero, di Totti, di Grosso, di un paese che canta e fa festa, come non accadeva dal 1982. L'anno dei Nokia, l'anno di MSN, dei suoi nickname buffi, l'anno di "Cioè" e dei suoi manzi in copertina, l'anno degli Hoobastank. Ma è anche l'anno di Caterina Farnesi e Adriano Greco. Dei loro segreti, delle loro versioni di greco e latino, delle loro battutine, delle cotte impossibili e dei loro amici. Loro erano gli stessi di sempre. Non era cambiato nulla, ma al medesimo tempo era cambiato tutto. Dante nell'VIII canto dell'Inferno diceva: "Questa lor tracotanza non è nova". Ed è vero. Adriano, sappi che io non ti davo molta fiducia. Mi è bastato leggere tre righe per cambiare idea. Sei una persona che ha vissuto tante cose, si è preso tanti di quei pugni nella vita che incassarli ti ha fatto sentire meno dolore, all'apparenza. Cate, ci vuole un po' per capirti ma sono sicura che alla fine dei tre libri diventeremo amiche. Non è facile percepire e vivere tutte le tue sfumature, sei così testarda. Sentimenti sprecati. Significati infranti. Pensieri sconsiderati. Posti dove nascondersi. Amanti, alla fine. Finalmente, ho scoperto di cosa tutti parlano. Della storia che raccomandano tutti di leggere, che trasmette una realtà plasmata sulle emozioni, con i contorni taglienti della finzione, dei tormenti e delle gelosie