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Anno edizione: 2022
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«La storia di Lidia Poët ci mette ancora una volta di fronte al tema dell’eguaglianza di genere, così strettamente intrecciato all’evoluzione delle democrazie occidentali e, in particolare, di quella italiana.» – Marta Cartabia
La giustizia è donna, ma non sempre è stata giusta con le donne. Lo dimostra in modo esemplare la storia di Lidia Poët, la prima avvocata italiana che, in tempi in cui le ragazze – per citare le sue stesse parole – si occupavano “esclusivamente di trine all’ago e di budini di riso”, osò immaginare di poter esercitare davvero la professione nelle aule di tribunale, tanto da avere l’ardire di richiedere l’iscrizione all’Albo (concessa e poi negata), dopo anni di impegno, ostinazione, scelte anticonvenzionali e passione per lo studio del diritto e dei diritti. Anni di esami, viaggi (dal piccolo paese di nascita in Piemonte, Lidia arriva a Parigi, Londra, perfino in Russia), dibattiti sul suffragio femminile, sull’emancipazione delle donne, sulle condizioni delle carceri.
Per la prima volta proposta al grande pubblico in un libro che ne ripercorre non solo la biografia ma anche l’eredità intellettuale, la figura di Lidia giganteggia in tutta la sua pacata e caparbia concretezza che la porta a sfiorare traguardi mai toccati prima e soprattutto ad aprire la strada a tutte coloro che sono venute dopo di lei. La strada da fare è ancora molta, ma è indubbio che se oggi possiamo parlare di parità lo dobbiamo a donne come Lidia Poët. Con un’intervista a Elena Bonetti.
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