Tornare a casa

Le trasformazioni socio-economiche della seconda metà del ‘900 sono analoghe ad ogni latitudine, per lo meno nell’Europa occidentale. Il nord della Germania non è dissimile dalla Normandia della Ernaux o dalle campagne italiane. Il villaggio rurale della Frisia è rimodellato dalla riorganizzazione fondiaria, le piccole fattorie scompaiono in favore di allevamenti e colture estesi e centralizzati, le strade si allargano e si riempiono di auto, i negozietti non reggono la concorrenza dei centri commerciali. Ingwer è uno dei primi ad andarsene nella città, ma conserva legami parentali e una forma di nostalgia che si specchia nella professione, lo studio del passato remoto del territorio. La comunità raccontata e rievocata non era poi così idilliaca: tutti si conoscevano e partecipavano ai riti sociali (feste e bevute alla locanda), ma un velo di ipocrisia nascondeva le relazioni extraconiugali e gli abusi familiari. La ‘stravaganza’, bonariamente tollerata, era la sola via di fuga da quel piccolo mondo, insieme all’istruzione superiore, riservata a pochi. Il romanzo si muove tra un presente di incertezza e un passato di ricordi ed eventi che si svelano progressivamente. Il paesaggio influisce sui caratteri ed è descritto in modo vivido e a tratti lirico. Se il triangolo sentimentale a Kiel è un po' di maniera, quello nel passato si rivela per allusioni ed è reso con apprezzabile sensibilità. I riferimenti alle canzoni pop e l’uso di una lingua ‘bassa’ contrapposta a quella ufficiale sono elementi che patiscono il processo di traduzione, ma non inficiano il piacere della lettura.

Letto e apprezzato tantissimo

«Tornare a casa» è un libro bellissimo. Una storia semplice, in cui tutti possiamo riconoscerci, narrata con perizia e poesia. Ingwer è un uomo di mezza età che, nonostante una laurea e un lavoro, non ha ancora ben chiaro che direzione far prendere alla propria vita. Decide così di tornare a casa, nell’ immaginario paese di Brinkëbull, per prendersi cura di Sonkë ed Ella, i suoi genitori ormai novantenni. Attraverso numerosi flashback, iniziamo a conoscerli fin da giovani: la guerra, le speranze svanite, la voglia di ricominciare, i compromessi necessari per farlo. E soprattutto la vita in un paesino rurale del nord della Germania degli anni ‘60. Le fattorie piene di fango, le strade polverose ma costeggiate di alberi, la tradizioni e i mestieri che si rinnovano di generazione in generazione. E poi la modernizzazione che incombe: le strade asfaltate, gli alberi abbattuti, le prime Mercedes che iniziano a circolare, i primi figli che vogliono andare via. Nel difficile tentativo di conciliare passato e futuro, di essere indipendenti senza perdere le proprie radici, sta la bravura di Dörte Hansen. «Tornare a casa» è uno di quei libri che vorresti avessero molte pagine in più, è una storia che vorresti non finisse e che -proprio come la strada di casa- appena lasciata, già lascia una grande nostalgia.