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Giovanissimi - Alessio Forgione - copertina
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Giovanissimi
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Giovanissimi

Descrizione


Nella dozzina del Premio Strega 2020

Dopo l’esordio con Napoli mon amour, Alessio Forgione torna con un romanzo di prime volte, e ci racconta un mondo di ragazzini che crescono da soli,tra desideri di grandezza e delusioni repentine, piccoli crimini e grandi violenze, in attesa di scorgere il varco che conduce all’età adulta.

«Per immergersi in un romanzo di formazione maschile» - Cosmopolitan

«In questa seconda prova Alessio Forgionr dà mostra di maggiore maturità stilistica e narrativa» - Gaetano Moraca, Style

«Rispetto a Napoli mon amour, questo Giovanissimi è un romanzo affidato a una scrittura insieme più tesa ma anche più sciolta, e costruito con maggior compattezza» - Ermanno Paccagnini, La Lettura

Marocco ha quattordici anni e vive con il padre a Soccavo, un quartiere di Napoli. La madre li ha abbandonati qualche anno prima, senza dare più notizie di sé, e lui vive quell’assenza come una ferita aperta, un dolore sordo che non dà pace. Frequenta il liceo con pessimi risultati e le sue giornate ruotano attorno agli allenamenti e alle trasferte: insieme a Gioiello, Fusco e Petrone è infatti una giovane promessa del calcio, ma nemmeno le vittorie sul campo riescono a placare la rabbia e il senso di vuoto che prova dentro. Finché non accadono due cose: l’arrivo di Serena, che gli porta un amore acerbo e magnifico, e la proposta di Lunno, il suo amico più caro, che mette in discussione tutte le sue certezze.
Questo libro è per il primo uomo che è stato davvero sulla Luna, per chi sogna un’estate su una spiaggia solitaria, per chi infilava Dylan Dog nei libri di scuola fingendo di studiare, e per chi ha capito che l’amore, quando si presenta, rischia di trasformarci in nuvole: piccole forme delicate, semplici da distruggere.

Proposto per il Premio Strega 2020 da Lisa Ginzburg: «Un secondo romanzo (dopo "Napoli mon amour") di sorprendente compattezza stilistica. Un ritratto malinconico e intenso dell'età che precede la giovinezza e la piena definizione di se stessi. Una vicenda tra goliardia un po' sbruffona di giovani aspiranti calciatori e tristezza del coabitare di un figlio e un padre dopo che la madre è andata via. Tra amicizie leali e traditrici insieme, l'emozione dirompente di un primo innamoramento, il disincanto amaro dell'"arte di arrangiarsi" in una periferia di Napoli, Soccavo, con le sue strade erte di trappole e lontane da ogni stereotipata bellezza del golfo poco lontano. Romanzo/silloge delle regole più feroci che ritmano l'ingresso all'età adulta: storia la cui potenza risiede nello sguardo e la voce di un protagonista che occupatissimo a decifrare se stesso, trova spazio tuttavia per far parlare ciascuno. Con quella empatia autentica che è intimamente connaturata solo ai veri scrittori.»

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Dettagli

2020
23 gennaio 2020
219 p., Brossura
9788894938562

Valutazioni e recensioni

4,25/5
Recensioni: 4/5
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Vite che sono la tua
Recensioni: 3/5
Deludente

Romanzo noioso e soporifero, si ridesta nel finale facendo apprezzare la vera cifra stilistica dell'autore che qui si riconosce nella sua intera bravura. Se il romanzo fosse stato tutto alla stessa altezza del finale potevo dargli sicuramente cinque stelle come avevo fatto per il suo precedente "Napoli mon amour".

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valedale
Recensioni: 5/5
Oh mio caro Forgione

Credo che la penna di Alessio Forgione sia una delle più belle degli ultimi tempi. Amo il suo modo di scrivere, di descrivere persone e luoghi, di farti amare i personaggi e le loro ansie le loro paure e le loro gioie. Dopo aver letto Napoli Mon Amour ho praticamente divorato questo libro e adesso non vedo l'ora di leggere Il nostro meglio. Caro Alessio So proud!

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RICCARDO
Recensioni: 5/5

Mi acchiappa e mi lascia, questo libro. Non l'ho letto con ingordigia, ma quasi perché dovevo. Scrittura netta, senza fronzoli. Mi acchiappa e mi lascia. Ma lo consiglio: per muoversi in casa con Marocco ed il padre.

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Voce della critica

Entriamo nella periferia di Napoli, i ragazzi bazzicano per le strade, gli adulti lavorano per portare qualche soldo a casa e mantenere in piedi famiglie traballanti, a volte riuscendoci e altre no. I giovanissimi s’incontrano nelle sale giochi, fumano erba e provano l’alcol, palleggiano nei campi e improvvisano tornei di calcetto. Poi c’è chi gioca a calcio davvero, come Marocco, che a quattordici anni va a scuola solo perché deve, mentre la sua mente è proiettata sul pallone, le sue promesse, la squadra, ma anche gli amici, il motorino che non ha, la bellezza della figlia del tabaccaio, i fumetti di Dylan Dog e le notizie sugli extraterrestri.
Tutto quell’insieme di piccolezze che fanno parte della vita come tessere più o meno importanti di un puzzle molto più grande, ma che nella narrazione di Forgione 
diventano semplicemente il tutto, perché nell’attimo in cui si vive un’esperienza, per quanto secondaria possa essere, questa ci appare sempre come qualcosa di totale.

Dopo il successo di Napoli mon amourAlessio Forgione torna a raccontare la sua amata Napoli in un atipico racconto di formazione, in cui la crescita non è radicale, non si conclude tra le pagine del romanzo, ma prosegue lentamente tra alti e bassi. Non è più quindi il mondo incerto e avvilente dei trentenni disoccupati a essere messo alla gogna, com’era stato a suo tempo in Napoli mon amour, ma quello rabbioso e insofferente degli adolescenti di periferia.

L’autore mette a nudo con incredibile realismo e verosimiglianza l’animo di un quattordicenne, soprannominato dagli amici Marocco, nelle cinque fasi che segnano il suo primo anno di liceo: rifiuto, rabbia, patteggiamento, depressione e accettazione. Una parabola che in realtà non segue un andamento lineare, ma vacilla tra momenti di odio e altri di serenità, tra la rabbia dell’adolescente avvilito dalla vita e la felicità di chi prova nuove esperienze, tra l’entusiasmo dell’amore e la paura della morte.

Marocco non è in grado di stabilire una gerarchia d’importanza tra gli elementi che compongono la sua vita, ciascuno dei quali assume rilievo solo fino a quando ci si rapporta fisicamente e concretamente, oppure quando gli ritorna alla mente come un’epifania imprevedibile. Ecco allora che il trauma dell’abbandono della madre, uno dei più grandi drammi di Marocco, ricompare come un fantasma in momenti casuali della storia, richiamato da una parola o da un dettaglio solo vagamente connesso al suo ricordo. Allo stesso modo diversi eventi rilevanti e dal forte impatto emotivo esplodono in un caos di sensazioni, parole e gesti, per poi lasciare presto spazio a considerazioni e momenti molto meno incisivi, quasi insignificanti. Verranno richiamati solo di sfuggita negli atteggiamenti delle persone che ne sono rimasti più colpiti, ma per Marocco si tratta spesso solo di istantanee dolorose dell’esistenza, che capitano dal nulla e nel nulla ritornano.

La vita funziona così, con un susseguirsi di emozioni ed eventi che assumono e perdono importanza a seconda del momento. E poi c’è il peso della casualità, un fantasma che può far girare la ruota della fortuna nelle direzioni più imprevedibili. La storia di Marocco è fatta di scelte e di casualità, di decisioni ponderate o prese di getto, di eventi incontrollabili e scelte razionali. La narrazione non segue mai un percorso lineare, non ha un punto d’arrivo né un vero inizio: comincia in un momento qualsiasi della vita di Marocco e prosegue raccontando la sua adolescenza altalenante in modo sempre estremamente realistico, con eventi marginali che diventano rilevanti ed eventi rilevanti che si riducono a elementi marginali, tra casualità incontrollabili e scelte che non portano a nulla, sbagli che non vengono puniti e speranze che non vengono premiate.

L’unico perno attorno a cui ruota questa pluralità di elementi è la prospettiva sempre centrale di Marocco, in cui si alimentano costantemente sensazioni rabbiose, a tratti depresse, qualche volta entusiaste, che plasmano gli eventi secondo percezioni tutt’altro che imparziali. In Marocco brucia l’animo lunatico di un adolescente, che cova emozioni incontrollabili e non prova mai a guardare oltre il proprio presente, come se il futuro fosse semplicemente troppo lontano per preoccuparsene.

La scrittura sporca permette di entrare ulteriormente nella mente del protagonista e guardare il mondo dal suo punto di vista, seguendo un flusso di pensieri che raramente si focalizza abbastanza a lungo su un singolo elemento, spesso sorvolando su quelli importanti e focalizzandosi su aspetti marginali.

In Giovanissimi, Forgione riesce a fare proprio un tema tutto sommato molto diffuso come il racconto di formazione nella periferia urbana del secolo scorso, conferendogli  però un’autenticità e una freschezza spontanea, così naturale che il lettore non mette mai in dubbio di star guardando il mondo dal punto di vista di Marocco – un ragazzo rabbioso, insicuro, volubile e sincero. In altri termini: vero.

Recensione di Anja Boato

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I vincitori del concorso "Caccia allo Strega" 2020

Stefano

Esiste un’età che profuma di desideri e sogni nel cassetto, che ha il sapore di amare sconfitte e di ferite che bruciano il doppio, che ha il colore accecante delle prime volte. Esiste un’età in cui non si è bambini e non si è adulti, in cui il mondo è tutto da scartare. È l’epoca dei GIOVANISSIMI di Alessio Forgione ,dimenticati dalle famiglie e trascurati dal mondo. È il tempo di Marocco, abbandonato dalla madre, diviso tra le partite di calcio, i suoi amici, e i crimini, alcuni innocenti altri un po’ meno. Ci porta a Napoli e ci fa sentire i rumori di un quartiere sregolato, i sapori di una periferia irriverente e i colori di un sobborgo degradato. Marocco è figlio di queste strade e tra furti e delinquenza si è fatto le ossa, ma con i suoi compagni di avventure e disavventure sognare il domani fa meno paura. Lo intravediamo tra le strade di Soccova, a smerciare droga e a ricercare ciò che ha perso: se stesso. Lo vediamo combattere tra il desiderio di diventare adulto e la paura di perdere quell'età in cui tutto profuma di novità. Lo accompagniamo in questo viaggio che è “attesa inconsapevole” fino all'arrivo di Serena. E anche quando l’amore vorrebbe curare ogni ferita, l’assenza, il vuoto e la perdita ritornano a galla trascinati da una pericolosa e instancabile corrente di risacca. Sono pagine cariche di emozione pensate e confezionate per chi, come Marocco,ha perso nel buio la luce di un sorriso amato, per chi ha dimenticato il suono di una voce, per chi ha imparato a temere anche il calore di un abbraccio o una carezza. Eppure questo atipico eroe è li per ricordarci che l’amore è un salto nel vuoto, e che ogni persona che sfiora le nostre vite è “un’ulteriore possibilità”. Serena lo è per lui. Marocco forse può esserlo per noi. Dalle sue parole impareremo che anche il silenzio sa parlare, con il suo sguardo scopriremo che cadere fa male ma finché “andiamo giù siamo comunque vivi”. Copertina 4 Stile 5 Storia 4

cratata

L’adolescenza come palestra di vita, dove ci si trova e ci si perde continuamente. “Giovanissimi” è un romanzo di formazione in cui Marocco, il protagonista, sogna un futuro da calciatore, ma vive un “qui ed ora” di deprivazione. Lo stile diretto e incisivo di Forgione ci fa entrare nel corpo di un adolescente, sentire il suo cuore che batte, muovere con i suoi passi, pensare con la sua mente. Gli stiamo a fianco, mentre lo vediamo fallire a scuola, litigare col padre, confidarsi col migliore amico. Facciamo il tifo per la sua storia d’amore che rimette luce in un territorio abitato da troppe ombre, la più nera delle quali è stata l’abbandono della madre, avvenuto anni prima. Ci sono ferite che diventano cicatrici e altre che continuano a sanguinare: l’adolescenza vorrebbe dimenticarle tutte, ma non ci riesce. Quando si è “giovanissimi” si attraversa quel tempo della vita in cui ancora non si sa chi si vuole diventare: si sogna e si avanza, ma alcune vite sembrano viaggiare controvento. Fai un passo avanti e ti ritrovi sbattuto indietro da un destino che, giorno dopo giorno, decide, al tuo posto, chi dovrai essere. Il romanzo di Forgione dalla prima pagina interpella il suo lettore: il destino lo si sceglie o lo si subisce? Marocco entra nel cuore del lettore, Forgione nella vita del suo lettore. Storia e stile generano un’immagine così vivida di Marocco che a volte ti sembra di averlo lì, di fianco a te. E ti viene voglia di parlargli. Invece puoi solo leggerlo. Termini il libro, ma Marocco resta e non va via. Copertina 3, Storia 5, Stile 5.

Gianluca Cannillo

"Giovanissimi" di Forgione è stato un fresco bicchiere d'acqua da bere tutto d'un sorso. Forse un po' più forte di un bicchiere d'acqua, forse una bevanda più intensa, forse caffè amaro, capace di metterti in piedi di prima mattina. La giovinezza in questo romanzo scorre impetuosamente impietosa: è una pioggia torrenziale, un fiume in piena, una valanga, una spirale che si avvolge su se stessa come le spire di un serpente. Dalla giovinezza non si esce se non scossi. È l'età difficile quella di Marocco, è l'età prima, quella delle prime esperienze e delle prime scelte consapevoli. È l'età in cui spesso poniamo le basi della nostra frustrazione adulta, quella che spesso rifiutiamo per gli errori commessi, ma forse quella in cui maggiormente ci sentiamo vivi, non determinati, non finiti. Forgione questo lo sottolinea con grande stile: è l'eta in cui tutto è ancora possibile e tutto ancora lecito perché siamo inesperti del mondo, storditi, ancora per poco, dalle tempeste che abbiamo dentro, non ancora stanchi del tempo quotidiano. "Giovanissimi" è un nuovo romanzo di formazione per i giovani di oggi, una prosa ben strutturata, ma lineare, avvincente e sostenuta. Una trama complessa, ma realizzabile. Copertina: 5 Storia: 5 Stile: 4

Vladi Spagnolo

Scelta istintiva, senza conoscere la storia. Solo l'impatto dell'immagine di copertina. Sono tornato per un istante indietro, ho ritrovato Pasolini nella mia memoria, ho pensato che avesse scritto ancora. Ma... è evidente, non poteva essere. Di che parla questo libro? Di com’è crescere solo con il padre forse, crescere solo tra uomini, di com’è vivere a Napoli. Parla del calcio giovanile… eh sì… perché Marocco va forte quando imposta il gioco, specie se c’è Gioiello a ricevere il pallone. Già, Gioiello, brutta storia. Di sicuro non è un romanzo, per lo meno a me viene difficile definirlo così. È così vero così reale. Niente sembra creato o inventato dall’autore, tutto scorre lento e vero, senza un motivo, solo perché va così. Storie semplici, emozioni di ragazzi, ma anche i grandi ce l’hanno la paura. La paura che la tua donna vada via di casa e non torni più, la paura che tuo figlio si faccia male o che la sua vita coli a picco come la tua. È un libro trasparente, è acqua che scorre e ci vedi attraverso. È bello perché non spiega nulla, lo leggi e… bam… in un attimo tutto è finito. Gioiello, Fusco, Lunno, tutto finito tutto passato. E anche Serena passerà prima o poi. Copertina: 5 Storia: 5 Stile: 4

Mr. Ink - Diario di una dipendenza

Copertina: 4 Storia: 3 Stile: 4 Memore del trauma che fu il romanzo d’esordio, mi ero ripromesso di leggere Alessio Forgione a tempo opportuno. Quando l’umore sarebbe stato alto. Invece l’ho affrontato senza starci troppo a pensare, sarà che sono un malinconico cronico. Ma quant’è inaffidabile il detto via il dente, via il dolore? Ha fatto male comunque. Siamo in Campania, negli anni Novanta. Marco, detto Marocco, si domanda come finirà il campionato e quando l’innocenza. Abbandonato dalla madre, vive col papà una routine scandita da paste col pesto, sale giochi, sigarette, giornalini e campetti, e all’improvviso salta fuori un piccolo traffico di droga a ingrossargli le tasche. In queste pagine sperimenta: la prima punizione, il primo bacio, la prima volta. E leggendo, capitolo dopo capitolo, si rischia di volergli un bene esagerato; di affezionarsi troppo. Sconvolge, infatti, constatare quanto sia facile mettersi nei casini fino al collo; e se va male, rovinarsi i migliori anni. Senza ansia da prestazione, è genuino e immediato come ai tempi del debutto. Nichilista al solito. Ovviamente, inutile aspettarsi un finale tarallucci e vino. Ma questa volta non poteva forse accadere, cogliendoci tutti di sorpresa? Le eccezioni, in storie simili, sono infatti gli epiloghi quieti: Marocco, eccezionale com'è, ne avrebbe meritato decisamente uno. Perché corre, cade, si rialza, commette fallo. Qualche volta si merita il cartellino rosso, qualche volta fa goal. Giovanissimo, finché dura.

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In chiusura del pezzo su Napoli mon amour, che si può leggere qui, mi ero congedata da Alessio Forgione così: «I Magnificat possono rivelarsi più infidi delle stroncature, soprattutto per un esordiente. Comprenderà quindi, l’autore, le ragioni per cui ho preferito l’aggettivo ottimo in luogo del più insidioso eccellente».

Poco più di una pacca affettuosa sulla spalla, a metà tra il complimento, l’incoraggiamento e il rito scaramantico. Una chiosa formulata bonariamente e con le migliori intenzioni: hai emesso il tuo primo, apprezzatissimo vagito, converrai con me che il difficile viene ora. Il suono che hai cacciato deve evolversi in una tua propria voce, assumere la consistenza di parola, la forza di una lingua e continuare in crescendo. Il fiato c’è. La giusta intonazione pure. Teniamo le dita incrociate per via di quella storia della ubris e dell’invidia degli Dei.

Sono cosciente che, confermando un’ identica valutazione per Giovanissimi (219 pagine, 16 euro), seconda prova dello scrittore napoletano, ancora NN editore, mi tengo ugualmente stretta di manica.

Ottimo è, tutto sommato, un giudizio striminzito per un romanzo che trasuda maturità. In Giovanissimi l’autore ha dimostrato, infatti, di poter fare a meno delle tappe evolutive codificate per l’apprendimento del mestiere, essendo egli riuscito ad accorparle, quelle tappe, senza neppure necessità di saltarle, correndo e contemporaneamente cantando a pieni polmoni, fin da subito, e in modo decisamente molto spedito per la sua età editoriale/letteraria. Malgrado ciò, io continuerò a conservare le proverbiali lodi sperticate per la prossima volta o quella successiva ancora, onde neutralizzare la tracotanza e l’invidia deorum di cui sopra, perennemente in agguato.

Se non rischiassi di annoiare, ripeterei ogni altra parola che scrissi su Napoli mon amour qui, a proposito di Giovanissimi, non certamente per pigrizia nell’argomentare, né perché il romanzo sia un mero clone del primo e dunque manchi di pregi propri.

Piuttosto è che i punti di forza sottolineati la prima volta, ovvero le soluzioni scelte per neutralizzare efficacemente i rischi assunti, funzionano egregiamente anche in questo caso.

Forgione ha bissato l’obiettivo di un libro appassionante e dal grande carattere, rimanendo fedele a sé stesso e contemporaneamente trovando, in questa dimensione, spazi di originalità.

 Marocco ha quindici anni. Vive con il padre a Soccavo, periferia occidentale di Napoli. Studente demotivato, rinunciatario, rassegnato, sogna di diventare un calciatore professionista. Sfoga sul campo di pallone le frustrazioni di un’adolescenza alla quale è giunto già malconcio, ferito a morte dal precoce abbandono della madre, che si è volatilizzata senza mai più dare segni di sé. Mentre il residuo ricordo di lei progressivamente sbiadisce, egli tenta di lenirne l’assenza, rattoppare il desiderio di tenerezza e di protezione che gli tiene aperto un buco in pieno petto, ciondolando per il quartiere con Lunno, amico fraterno grazie alla cui intermediazione troverà l’amore.

Con la Napoli selvatica della sua zona d’origine e una giovinezza riottosa e fragile, Alessio Forgione è riuscito, in Giovanissimi, a impastare una trama esemplare, alla quale la spigolosità – tratto tipico dello scrittore – con cui si narrano l’amicizia imperfetta, l’amore acerbo, la sorprendente scoperta del sesso, conferisce la dimensione confidenziale dei romanzi destinati a durare.

Mi è piaciuta la saggezza con cui l’autore ha equilibrato i due principali soggetti: il quindicenne Marocco, e Soccavo. Entrambi, il ragazzo e l’elemento geografico, sono attori paritetici, agenti e reciprocamente agiti, in un rapporto di scambievole dipendenza. La periferia, delinquente, violenta, scostumata e irriverente, costringe Marocco, che la imita in quei tratti, ad assomigliarle. Marocco, indolente, talvolta insipiente e arrogante, a sua volta l’influenza, caricandola delle proprie cattive attitudini, in virtù del fatto che sono le persone, tutto sommato, a fare i posti.

Trama impetuosa e reticente

Mi è piaciuta la costruzione della trama, che procede come l’adolescenza: impetuosa e reticente, costantemente in tensione.

La scrittura di Alessio Forgione gli assomiglia, esteticamente intendo. Segaligno, pelato, non c’è una foto in cui rida. La sua narrazione sembra essere uno specchio che lo replica con una certa fedeltà. Procede secca, senza orpelli, dura. Eppure negli occhi dello scrittore si intravede una faglia, un’avvisaglia di sorriso. Suppongo sia la gioia procurata dal mestiere di scrivere, che buca la scorza coriacea. Un elan vital che, dopo esser passata nelle pagine,  aver legato tra loro le parole animandole, raggiunge infine il lettore, al quale regala scampoli di genuine emozioni.

Ciascuno darà un nome e una forma alle proprie: piacere puro del leggere, scoperta, rispecchiamento, paracadute per affrontare il crinale scivoloso della disillusione quotidiana.

Per me si tratta  della felicità semplice di ritornare nel mio quartiere. Sebbene il romanzo ne metta il luce aspetti poco lusinghieri, per i quali c’è da prendersi scuorno, sento comunque una sorta di orgoglio per come l’autore, tramite la voce malinconica, graffiante e amara di Marocco, l’ha resa. Con la sua bellezza sporca, l’ha affrancata dalla decadenza, dallo scarrupamento, l’ha nobilitata, seppure per il brevissimo attimo della narrazione, come solo la letteratura sa fare. E di questo non posso che ringraziarlo.

Recensione di Antonietta Molvetti

 

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Conosci l'autore

Alessio Forgione

Alessio Forgione è nato a Napoli nel 1986. Scrive perché ama leggere e ama leggere perché crede che una sola vita non sia abbastanza. Il suo romanzo d’esordio, Napoli mon amour, (NN Editore) ha vinto il Premio Berto 2019 e il Premio Intersezioni Italia-Russia; in corso di traduzione in Francia e Russia, verrà portato in scena al Teatro Mercadante di Napoli con la regia di Rosario Sparno. Nel 2020, sempre per l'editore NN, esce il suo secondo romanzo, Giovanissimi.

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