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Breve storia del mio silenzio
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Breve storia del mio silenzio - Giuseppe Lupo - copertina
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Breve storia del mio silenzio
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Breve storia del mio silenzio

Descrizione


Nella dozzina del Premio Strega 2020
Finalista del Premio Letterario Corrado Alvaro

L'infanzia, più che un tempo, è uno spazio. E infatti dall'infanzia si esce e, quando si è fortunati, ci si torna. Così avviene al protagonista di questo libro.

«“Ma il bimbo non parla?” chiedeva ogni tanto qualcuno girandosi verso di me. Non era il male del silenzio a impedirmi di parlare, ma la paura di aprire bocca di fronte a loro. Preferivo ascoltare e vedere il posacenere riempirsi di cicche. Credo sia cominciato allora il tempo in cui le idee avevano la consistenza della cenere, proprio come le poesie sapevano di liquirizia. Sigarette e occhiali. Una montatura tonda indicava una persona accomodante. Una quadrata e scura dava precisione allo sguardo. Io avrei scelto quest'ultima»

Un bimbo che a quattro anni perde l'uso del linguaggio, da un giorno all'altro, alla nascita della sorella. Da quel momento il suo destino cambia, le parole si fanno nemiche, anche se poi, con il passare degli anni, diventeranno i mattoni con cui costruirà la propria identità. Breve storia del mio silenzio è il romanzo di un'infanzia vissuta tra giocattoli e macchine da scrivere, di una giovinezza scandita da fughe e ritorni nel luogo dove si è nati, sempre all'insegna di quel controverso rapporto tra rifiuto e desiderio di dire che accompagna la vita del protagonista. Natalia Ginzburg confessava di essersi spesso riproposta di scrivere un libro che racchiudesse il suo passato, e di Lessico famigliare diceva: «Questo è, in parte, quel libro: ma solo in parte, perché la memoria è labile, e perché i libri tratti dalla realtà non sono spesso che esili barlumi di quanto abbiamo visto e udito.» Così Giuseppe Lupo – proseguendo, dopo Gli anni del nostro incanto, nell'“invenzione del vero” della propria storia intrecciata a quella del boom economico e culturale italiano – racconta, sempre ironico e sempre affettuoso, dei genitori maestri elementari e di un paese aperto a poeti e artisti, di una Basilicata che da rurale si trasforma in borghese, di una Milano fatta di luci e di libri, di un'Italia che si allontana dagli anni Sessanta e si avvia verso l'epilogo di un Novecento dominato dalla confusione mediatica. E soprattutto racconta, con amore ed esattezza, come un trauma infantile possa trasformarsi in vocazione e quanto le parole siano state la sua casa, anche quando non c'erano.

Proposto per il Premio Strega 2020 da Salvatore Silvano Nigro: «"Ho quattro anni". Comincia così il romanzo. Con grande finezza letteraria, in una prosa nitida e fluente, Lupo scrive un'autobiografa delicatamente fabulosa inquietata da un "silenzio" che è trauma infantile di afasia, e poi, nel tempo, insidia persistente di un "male delle parole" e di una "inimicizia con il linguaggio". Il libro è anche un romanzo di formazione: un'educazione alla scrittura letteraria al di là del "silenzio"; verso la scoperta della letteratura in quanto risorsa di "oblio", nella quale "le immagini della memoria una volta fissate con le parole, si cancellano", come scriveva Italo Calvino. La prosa è di un'accurata e morbida lentezza. I tempi della narrazione avanzano e retrocedono, per procedere ulteriormente. Così il racconto si stratifica, in quelle che l'autore più che stagioni chiama "ere": essendo la vita simile a un palinsesto geologico. Il filo di ogni evento viene quindi ripreso in un altro tempo che, tornando indietro, riprende il bandolo e lo intrama. Lupo ha l'orecchio infallibile di un regista per l'opportunità delle entrate e delle uscite dei suoi personaggi, per l'apertura e la chiusura di ogni singolo episodio.»

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Dettagli

2019
17 ottobre 2019
208 p., Brossura
9788829702534

Valutazioni e recensioni

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Q.Z
Recensioni: 5/5
Le stagioni della vita

Contenuto: l'infanzia come genesi di un racconto che si dipana tra le stagioni della vita e le rivoluzioni economiche e, necessariamente, socio-culturali dello scorso secolo.Tipologia lettore: nostalgico.

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Giovanna D'A
Recensioni: 4/5

Siamo certi che alcuni di noi abbiano “superato” la propria parentesi di silenzio? Come affrontare una condizione che, spesso, ci portiamo dietro dall’infanzia? Quale chiave ci permette di far sentire le nostre parole? Per l’autore la svolta è arrivata dopo molta paziente attesa, nel mito di una Milano che detta le regole e la corsa non solo dal punto di vista economico, ma anche culturale e sociale. Un libro dove ritrovare se stessi dentro la difficoltà sperimentata dall’autore.

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Fabio
Recensioni: 5/5

Dopo il successo de "Gli anni del nostro incanto", Giuseppe Lupo torna con un romanzo commovente, divertito e sapiente. Pieno di natura, di Milano, di giovinezza.

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Voce della critica

I vincitori del concorso "Caccia allo Strega" 2020

Serena

"Breve storia del mio silenzio", il romanzo autobiografico di Giuseppe Lupo, racconta della sua vita attraverso l'infanzia, la fanciullezza, l'adolescenza e l'età della maturità. In particolare, il libro tratta del ruolo ricoperto dalle parole nella vita dell'autore: quest'ultimo, infatti, quando era bambino non ha parlato per due anni. Lupo aveva quattro anni quando ha visto la sorella stretta nell'abbraccio materno e ha smesso di parlare, si è completamente chiuso nei confronti del mondo. La sua infanzia è stata, dunque, una lotta contro le parole e la riconquista di queste ultime avverrà solo con l'inizio delle scuole elementari, dopo anni di diagnosi mediche, preoccupazioni e domande senza risposta. Per l'autore il silenzio è una presenza costante: ogni passaggio e cambiamento drastico suscitava in lui "il male della parole", ossia la chiusura, il ritiro nel silenzio. È molto interessante come un bambino con una storia così particolare e con un rapporto complicato con le parole decida di diventare scrittore: forse, sono stati proprio tale silenzio e la lotta costante con le parole che l'hanno portato a scrivere, per riuscire a comunicare. Dal trauma vissuto nell'infanzia, l'autore è riuscito a trarre giovamento, trovando la sua vocazione, la sua strada. In qualche caso, quindi, le esperienze traumatiche, oltre a produrre cicatrici indelebili, possono diventare delle risorse. Nello stile dell'autore si avverte in ogni pagina l'amore per le parole e per la lingua: la scrittura è elegante, fine e descriverei il romanzo come delicato, dolce. Ho anche apprezzato molto la copertina, raffigurante Giuseppe Lupo da bambino, perché si sposa perfettamente con la tenerezza che la vicenda narrata suscita. La sua storia è unica perché rappresenta la vicenda umana dell'autore ma è anche la storia di tanti altri bambini e di tante altre persone che si risollevano, diventano resilienti e usano la loro sofferenza per trarne energia vitale. Copertina: 5 Storia: 4 Stile: 4

Giulia Troncatti

"Breve storia del mio silenzio" è un racconto della parola: prima persa, poi ritrovata. L'autore e protagonista, Giuseppe Lupo, ripercorre gli anni del suo avvenire su di una geografia del ricordo che si snoda tra una Lucania dolcemente materna ma spaventosamente fragile, fino ad approdare ai contrafforti della modernità, la Milano «illuminista» degli anni Ottanta, la città dei sogni e insieme della realizzazione. Guida la narrazione la tenace ricerca della parola persa in tenera età, poi ritrovata, dubitata, rimodellata, interrogata e quindi stampata. Un mondo di depositari delle parole, in cui si respira sempre un'aria di famiglia: dai genitori, maestri elementari, agli intellettuali del Circolo la Torre, fino agli incontri scontri con gli scrittori contemporanei e, infine, con gli editori. È in questo mondo, in cui anche la pioggia scrive, ricordando, con il suo cadere, il ticchettio dei tasti di un'Olympia color caffellatte, che l'autore vuole farsi nascere e l'unico modo per sentirsi essere è quello di riuscire a scegliere le parole giuste, di saperle mettere in fila, di farle galleggiare da sé. La parola tanto cercata si offre al lettore nella forma di una prosa scorrevole e dinamica, che non si priva, tuttavia, e anzi si compiace, del vezzo della metafora. L'esito raggiunto non tradisce quel lungo e faticoso lavoro d'investigazione, concretizzandosi in un testo in cui ogni parola è pensata e modellata insieme alle compagne vicine, conservando, al contempo, la vivace leggerezza del ricordo. Breve storia del mio silenzio si legge d'un fiato, precisamente si svolge nella sospensione dell'atto di prendere fiato. Copertina 5. Storia 4. Stile 4.

dana63

"La vita è un continuo lacerarsi e ricomporsi, un mettere insieme i pezzi con ostinazione, sapendo di non poterci riuscire mai più". Un libro autobiografico,sulla dolcezza e la necessità della memoria, su tutte le "preistorie" che bisogna attraversare prima di iniziare la propria storia. Leggendo, i ricordi di Lupo si sono confusi con i miei. Sono riaffiorati dal mio passato gesti, oggetti, immagini: l'odore del vicks, del dopobarba di mio padre, le pecore e la musica degli intervalli della Rai. Le immagini in bianco e nero dello sbarco sulla Luna, quando "finita la trasmissione, [...] ce ne tornammo a casa passando sotto il chiaro della Luna che era alta nel cielo [...] Adesso la luna non era più intoccabile". E la lettura de Il Milione, le filastrocche e le poesie mai dimenticate, le case per il presepe fatte con le scatole di medicine," i giorni di settembre che cominciavano con i buoni propositi "dopo le vacanze". La rassicurante presenza,sempre viva nel cuore, del nonno(per me la nonna) accanto alla stufa. Gli studi universitari in un'altra città, la necessità di lasciare il nido ed al tempo stesso di cercare un pezzo di casa lontano da casa, "quei fili invisibili della memoria" che approfittano di un profumo, un'insegna,una vetrina per ricordarci "che il passato lascia sempre un pertugio aperto per arrivare fino a noi". E infine l'amore per le parole, per la lettura ed il collegare i momenti della vita ad un libro preciso. Poetiche le pagine sull'esercizio quotidiano di guardare fuori dalla finestra per capire il passaggio dei giorni, sul rumore della pioggia, sull'attesa dell'anno nuovo, di quell'attimo "fatale in cui il mondo saliva di un gradino nella via vertiginosa verso la fine". Un poetico, sentito, dolce inno di ringraziamento alla vita, con le sue meraviglie, i disincanti, i dolori, gli ostacoli, gli imprevisti, gli appuntamenti mancati ed i sogni rincorsi e non sempre raggiunti o raggiunti in ritardo. Copertina 4 Stile 5 Storia 4.

alpel

Saper parlare, ma non riuscire a dire le parole. Il protagonista le ha perse a quattro anni, quando nella sua vita è entrata una sorellina. La sua è una storia di mancanze e di conquista. Nell'Italia degli anni 60 e 70, mentre la nazione tira il fiato dopo le fatiche della ricostruzione, i genitori sognano per i loro figli un futuro in cui scuola e studio diventino il percorso migliore con cui andare alla ricerca di un'identità e di una affermazione. "Breve storia del mio silenzio" parla di un bambino che - imparando a dire - impara ad essere. Il suo è un viaggio dal sud al nord, in cui ciò che ti manca è anche ciò che devi imparare a conquistare per diventare un uomo. Nelle pagine di Lupo, si ritrova la storia di una nazione che per un po' ha creduto che avere cultura è meglio che avere denaro. Sullo sfondo, canzoni, vicende, spezzoni di programmi televisivi di un tempo che fu. Per noi nati e cresciuti in quei decenni, è un viaggio emozionale dove ritrovare, sparsi qua e là, frammenti di ciò che siamo stati. Un effetto "amarcord" che quando finisci il libro, ti fa venire voglia di riaprire l'album delle fotografie di te bambino. Mentre i tuoi figli, stanno consultando frammenti digitali nelle gallery dei loro smartphone. Forse è proprio vero: si stava meglio quando si stava peggio. Assolutamente da leggere. Copertina 5 Stile 4 Storia 5

Raffaele

Un riassunto a saltelli, senza soffermarsi sui dettagli ma sulle emozioni: "Breve storia del mio silenzio" traccia il delinearsi di una vita tutta incardinata sulle parole. Lo sconvolgimento provocato dalla loro perdita marca l'infanzia del protagonista, nonostante, presto l'olio ricacci la ruggine accumulata sugli ingranaggi del linguaggio. Le parole seguitano nel ritmo salvifico della pioggia suggerito dalla madre; risuonano nel ticchettio meccanico della macchina da scrivere del padre; sono stipate a milioni nello studio/bugigattolo carico di libri; si rincorrono appassionate nei discorsi degli intellettuali che bussano alla porta della casa di Atella. Quelle stesse parole che scomposte e ricomposte nella narrazione saranno l'unico mezzo possibile per diventare, per avere il futuro di essere ricordati. Ambizione ereditata che lo allontana dal Medioevo di un Appennino in letargo verso la modernità illuministica milanese. Il distacco dalla Lucania natia porta con se l'inevitabile bagaglio di inadeguatezze, di rimpianti e di solitudine comune ad ogni emigrante. La storia di una vita che è un gioco tra il cercare e il trovare, tra il ricordare e il dimenticare, tra il perdere e l'acquisire. Così Giuseppe Lupo ripercorre garbato le vicende sue scorrendo morbido tra affetti e passioni, turbamenti e trepidazioni. Forte è la volontà di lasciarsi dietro il margine, fuggire da quella gabbia fatta di curve ammorbidite da boschi e da montagne che chiudono lo sguardo rendendo qualsiasi meta si abbia in mente un viaggio per nulla banale. Copertina: 4 Storia: 5 Stile: 5

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Conosci l'autore

Giuseppe Lupo

1963, Atella

Giuseppe Lupo (Atella, 27 novembre 1963) è uno scrittore e saggista italiano.Insegna letteratura italiana contemporanea presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano e Brescia. Ha esordito nella narrativa con il romanzo L'americano di Celenne (Marsilio 2000), con cui nel 2001 ha vinto il Premio Giuseppe Berto e il Premio Mondello opera prima, e nel 2002, in Francia, il Prix du premier roman. Successivamente ha pubblicato i romanzi Ballo ad Agropinto (Marsilio, 2004), La carovana Zanardelli (Marsilio 2008; Premio Grinzane Cavour-Fondazione Carical e Premio Carlo Levi), L'ultima sposa di Palmira (Marsilio 2011; Premio Selezione Campiello e Premio Vittorini), Viaggiatori di nuvole (Marsilio 2013; Premio Giuseppe Dessì), L'albero di stanze (Marsilio 2015; Premio...

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