L' altro, lo stesso. Testo originale a fronte

I componimenti di questa raccolta, appartenenti alla fase del ritorno al classicismo dopo una iniziale esperienza poetica all’insegna dell’avanguardia, variano per metro e per contenuto; vi si trovano odi, sonetti, strofe isolate, canzoni, molti all’insegna dell’endecasillabo e della rima. I temi convergono tutti in metafore più o meno ricorrenti: morte sorella del sogno, vita come specchio, tempo come fiume...le quali generano interrogativi che non hanno e non possono avere risposta. La lettura di questi testi permette di incontrare l’inferno e il paradiso rivisitati e identificarsi in qualcosa di sorprendente lungo la loro traccia. È possibile in questo labirinto creato da Borges, leggere anche una poetica autobiografia (per sentimenti, conoscenze, ardori) o meglio un originale autoritratto; da leggere per apprezzare un Borges forse meno criptico e una poesia dolcissima nel suono. Testo in lingua spagnola a fronte, mi raccomando.

Proprio vero che "non si perde che quando non si ha e non si ha avuto mai". Proprio vero dunque che nessuno che abbia stretto fra le mani questa raccolta potrà dire d'aver perso. Borges è un mondo, e anche se a forma di labirinto, le idee che incontriamo ai lati dei sentieri sono come suggestioni amorevoli, immagini incantate che subito si fissano nella mente col loro tratto distinto e nelle quali una sola riga sa e riesce a protrarre il sogno oltre il finito abitato quaggiù. La poesia è una zolla di cielo gettata su questa crosta imperfetta chissà da chi, un motivo incerto fischiato da qualcuno di cui solo orecchie attente possono comprendere la grazia, traducendolo. E' lì che abita il fragile e indistruttibile genio del poeta, nel ri-concepire cioè la parola come in un altro parto, migliore, salvifico, percepito da pochi, scansato dai più come un becero stelo improduttivo, e invece è linguaggio di benedizione strappato alle acque di naufragi volgari: "...li ho intravisti nello specchio d'un sogno/ l'Inferno e il cielo delle nostre attese". La traccia del fugace si imprime con maggior forza nel ventre delle cose, non c'è confronto con logore miserie allungate scambiate per gioie. La morte soffre la grandezza degli attimi e non il durevole di calme infiacchite, senza presa o ardimento: "Con cosa potrei trattenerti?/ Quel che ho da offrirti sono povere strade, tramonti scorati,/ la luna dei cenciosi sobborghi./ Ti offro l'amarezza di un uomo che ha guardato a lungo la luna solitaria,/ ti offro il nocciolo di me che ho potuto salvare,/ il centro del cuore che non consiste in parole,/ non si baratta coi sogni,/e che tempo, gioie, avversità lasciano intatto". Noi ti rispondiamo: con questo puoi trattenerci, Poeta meraviglioso, con le tue stanchezze che ancora ci aprono voli enormi, coi tuoi specchi che moltiplicano di sguardi il nostro sguardo. Sicuramente uno dei suoi libri più belli (dal titolo immortale). Un divino germoglio che si alza sulla nostra cenere.

...della terza quartina, la morte del poeta, qui. Come tutte le cose, Buenos Aires è fatta di due parti: la città in se', fuori da Borges, che vivrà in eterno; la città dentro Borges, frutto dei suoi pensieri e delle sue lacrime. Quest'ultima dovrà scomparire con lui