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Ragazzo italiano - Gian Arturo Ferrari - copertina
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Ragazzo italiano
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Ragazzo italiano

Descrizione


Finalista al Premio Strega 2020. Finalista al Premio Asti d'Appello 2020.

«Troncati i legami con il nido, eliminati in pratica obblighi e doveri, Ninni, con suo intimo stupore, scoprì che rimaneva ed esisteva altro. Esisteva lui.»

La vita di Ninni, figlio del dopoguerra, attraversa le durezze da prima Rivoluzione industriale della provincia lombarda, il tramonto della civiltà rurale emiliana, l’esplosione di vita della Milano socialdemocratica. E insieme Ninni impara a conoscere le insidie degli affetti, la sofferenza, persino il dolore, che si cela anche nei legami più prossimi. Da ragazzino, grazie alla nonna, scopre di poter fare leva sull’immenso continente di esperienze e di emozioni che i libri gli spalancano di fronte agli occhi. Divenuto consapevole di sé e della sua faticosa autonomia, il ragazzo si scava, all’insegna della curiosità e della volontà di sapere, quello che sarà il proprio posto nel mondo. Nella storia di Ragazzo italiano si riflette la storia dell’intero Paese, l’asprezza, la povertà, l’ansia di futuro, la vicenda di una generazione figlia della guerra ma determinata a proiettare progetti e sogni oltre quella tragedia. Un’Italia dove la scuola è la molla di promozione sociale e il futuro è affollato di attese e di promesse. Un’Italia ancora viva nella memoria profonda del Paese, nelle vicende familiari di tanti italiani. Ferrari le restituisce corpo e respiro senza indulgenze e senza compiacimenti, con uno stile cristallino e non di rado crudo, con un timbro di coraggiosa sincerità. Capace di esprimere la freschezza del protagonista e di una moltitudine di personaggi lampeggianti di futuro.

Proposto per il Premio Strega 2020 da Margaret Mazzantini: «"Ragazzo italiano" è un libro scritto con uno spirito fanciullesco, nel senso più nobile del termine. Per me avrebbe potuto intitolarsi anche “Giovane”. Il giovane preso per mano lungo queste pagine, negli anni della sua crescita: un antieroe fragile, un bambino che vive circondato da donne, educato da donne, fasciato innanzitutto di stupore. E giovane è anche lo sguardo del narratore che torna ad accostarsi a quel bambino, poi ragazzino, poi ragazzo, nelle tre parti che compongono il romanzo. Ferrari riporta, ricrea in maniera formidabile, dialoghi che sono tranches di vita, che fanno pensare a certi quadri espressionisti, a certe fotografie di umile gente messa in posa. Hai la sensazione di stare in quelle case, con quelle persone. I dialoghi sono arterie vitali nascoste sotto il tessuto narrativo di un mondo che comunica con noi attraverso queste voci. Quel tessuto narrativo, poi, possiede una grazia d'altri tempi, connaturata a un'epoca più timida. Un'Italia più giovane, più sprovveduta, l'Italia partorita dalla guerra, con il suo grande gregge di reduci. Mentre Ninni avanza di statura, il mondo intorno muta violentemente, e s'intravede già molto di quello che sarà – il tempo dell'accumulo insensato, della solitudine dei molti, della disgregazione sociale – attraverso la finestra che questo romanzo di formazione apre e lascia aperta. Gian Arturo Ferrari ha scritto un vero romanzo. Perché alla fine cosa si chiede a un romanzo? Una ricreazione, nel senso dello svago, della nobile pausa nell'esercizio della vita quotidiana, ma anche la ri-creazione di un mondo comune, attraverso uno sguardo e una visione, che ricostituisca un involucro vitale. Perché, in questa polverizzazione culturale che ci sposta sempre un po' più in là nella nostra solitudine antropocentrica, il vero scopo della letteratura è quello di renderci, finché sarà possibile, un po' più umani.»

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Dettagli

2020
6 febbraio 2020
320 p., Brossura
9788807033766

Valutazioni e recensioni

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ANDRICCI
Recensioni: 4/5
Uno spezzone di vita nel recente passato

Era da tempo che cercavo un libro che parlasse degli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda guerra mondiale, dal 1945 agli anni immediatamente precedenti al Boom economico degli anni 60, ovvero cercavo un libro che parlasse della generazione dei miei genitori, che ha vissuto la guerra con gli occhi di un bambino, e di come sia riuscita a superare quegli anni e ricostruirsi … e questo libro ha centrato le mie attese. Mentre leggevo questo libro ho avuto la fortuna di confrontare la vita del protagonista Ninni/Piero con quello dei miei genitori, tramite i ricordi di mio padre, specie per quanto concerne gli anni della scuola. La scuola, per chi era bambino nel 1945, è stata fondamentale per costruire delle nuove basi e delle nuove sicurezze, era una generazione spaesata … la scuola diventa infatti la molla di promozione sociale, ovvero un mondo affollato di attese e promesse attraverso la cultura ed i libri … si può dire che grazie alla scuola partendo dalle ceneri lasciate dalla guerra sia nata una nuova generazione completamente diversa da quella dei genitori e dei nonni, la guerra è stata una spaccatura della ciclicità della vita in cui i figli subentravano nella vita dei genitori: una volta il figlio del contadino sarebbe diventato contadino a sua volta, adesso attraverso la scuola, se dimostrava di averne le capacità, poteva sperare di diventare qualcosa di diverso. La generazione che ha vissuto la guerra da bambino incomincia ad avere sogni, speranze, voglia di cambiamento. Il libro, infatti, ha come protagonista la famiglia di Ninni/Piero, lui nato nel 1944 e perciò figlio del dopoguerra, che attraversa le durezze della prima rivoluzione industriale della provincia lombarda, il tramonto della civiltà rurale emiliana, e l’esplosione di vita della Milano riformista. Pagina dopo pagina Ninni/Piero impara a conoscere le insidie degli affetti, la sofferenza, persino il dolore che si cela anche nei legami più prossimi.

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Astrea
Recensioni: 3/5

La mia passione per i romanzi di formazione è stata soddisfatta dalla lettura di questo lungo racconto, non originale, ma piacevole che ha il sapore dell'autenticità. Scrittura scorrevole che caratterizza i personaggi dei familiari con sottigliezza e sobrietà, facendo emergere le difficili e sotterranee tensioni e diversità, alveo entro cui si forma il ragazzo nella complessa, ma sostanzialmente sana conquista della sua personalità autonoma.

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sarah
Recensioni: 5/5
consigliatisismo

Un bambino, poi un ragazzino, poi un ragazzo cresciuto nel nord Italia negli anni del dopoguerra. Interessante il punto dì vista e lo scenario, non essendoci tanti libri ambientati nello stesso contesto storico. Ninni cresce e cambia cercando il proprio posto in un mondo che a sua volta non è mai uguale a se stesso

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Voce della critica

I vincitori del concorso "Caccia allo Strega" 2020

Falcopellegrino – Recensione stregata scelta da Gian Arturo Ferrari

Il romanzo inizia con il volto di un fanciullo. La testa è china, gli occhi, sollevati, non guardano: sentono e riflettono. Le parole di qualche grande, lì intorno, lo distraggono dal quaderno sul quale sta scrivendo e lo portano nei frammenti del mondo adulto che lo circonda. La scuola e la famiglia: i due luoghi dell'educazione del protagonista, tra Emilia e Lombardia degli anni '40 e '50 del Novecento, sono riassunti nei segni dell'immagine di copertina. Due mondi che il protagonista, bambino e adolescente, scopre, penetrando il primo e staccandosi dal secondo, con lo stesso sguardo intento e riflessivo che, da sotto in su, diventa via via sempre più orizzontale e comprensivo. Nella duttilità di un linguaggio che modella le figure nella loro consistenza umana tradotta nei gesti e nelle parole, nei sentimenti e nelle ragioni, nelle idee e nelle scelte, l'autore rivela riflessa nelle vite che racconta la storia collettiva di vent'anni del nostro Paese. La grande storia, incarnandosi nell'infinita varietà delle piccole storie, diventa il racconto della vita. L'autore ne è consapevole: dietro lo sguardo interrogativo e perplesso del fanciullo della copertina, nel risvolto della stessa Gian Arturo Ferrari ci guarda diretto, sorridendo: scrivendo ha compreso e la sua comprensione, a fine lettura, è diventata la nostra. Copertina: 5 Storia: 5 Stile: 5

Pamela

Ragazzo italiano è un viaggio attraverso il passato prossimo del nostro Paese, dalla ricostruzione post-bellica al boom economico, che uno stile diretto e avvolgente aiuta a compiere a ritroso insieme al protagonista, Ninni. Si legge come sfogliando un album di famiglia, di quelli voluminosi, con la copertina consunta, spesso dimenticati in fondo a qualche cassetto. Le prime foto sono in bianco e nero, come i colori di un mondo a pezzi dopo il secondo conflitto mondiale: volti, oggetti, tutto a tinta unita, avvolto dalla nebbia dei ricordi, con un forte contrasto tra la vita che riprende dopo la guerra e le voragini lasciate dalle bombe, ferite mai rimarginate. Nelle foto compare il piccolo Ninni, figlio della guerra, che vive nella bolla di affetto e di protezione della mamma e soprattutto della nonna, che non viene compreso dal padre, che affronta una scuola per nulla empatica, che si nutre di emozioni, che solo le piccole cose quotidiane possono regalare a un bimbo come tanti in quegli anni. Nelle istantanee si iniziano poi a distinguere i colori: sono finalmente i colori di Milano, delle sue vetrine, dei suoi neon; anche i ricordi di Ninni cominciano a colorarsi, mentre intraprende inconsapevolmente la costruzione di se stesso grazie a un professore lungimirante e alla scoperta dei tanti mondi possibili, svelati dalla lettura di grandi libri. Le ultime foto rappresentano Ninni ormai giovane, ne rievocano il senso di libertà mai provato prima, libertà dalla famiglia ma anche dal vecchio sé, uno slancio verso il futuro solo immaginato, una nuova percezione della vita che solo un viaggio in Grecia può dare. L'album quindi si interrompe: ci si può solo immaginare come proseguirà la storia, se Ninni troverà la sua strada, se sposerà quella ragazza così simile a lui... E ogni lettore può completarla guardando dentro di sé, attingendo dalla propria esperienza e dal bagaglio dei propri ricordi: perché Ninni è il padre di tanti di noi. Copertina: 4 Storia: 5 Stile: 5

Donato

Un romanzo di formazione, in cui la formazione di Ninni sembra coincidere e offrire un “negativo” alla formazione dell’Italia moderna del secondo dopoguerra. Ninni, affamato di vita e di futuro, di voglia di emancipazione e di conoscenza, ricalca lo stupore e le aspettative di un’Italia che, orbitando intorno alla rivoluzione industriale a Milano, scopre l’audacia di potersi pensare in discontinuità con una storia e un destino che affondano le radici nell’atavico. Attraverso gli occhi di questo ragazzo italiano, però, che sembra dare per scontata l’esistenza degli ostacoli e delle ingiustizie della vita, scopriamo anche il lato feroce di quella rivoluzione, il prezzo più caro pagato da chi veniva classificato per censo perfino in un’aula scolastica. Eppure Ninni è percorso da troppa energia, e troppo teso verso quella prospettiva che aveva intravisto nella letteratura, per preoccuparsi di sentire l’ingiustizia al posto di quell’umile, sordo dolore. Ad aprirgli le porte della letteratura, le sue radici più profonde: quella nonna in cui si impastavano tenerezza e divieto, oscuro mondo antico e tenacia perché le cose cambino, secchezza di giudizio e capacità di introspezione ed empatia. «C’era un odore aspro, di cose cattive, odore di ferro». Formidabile la copertina, con una rielaborazione di una foto di Federico Patellani, il fotografo della famosissima immagine in cui una donna sorridente tiene alto in mano il Corriere che titolava «È nata la Repubblica Italiana». Copertina: 5 Storia: 4 Stile: 3

Giodemu

Gian Arturo Ferrari è stato uno dei personaggi centrali dell’editoria italiana degli ultimi 40 anni, ed esordisce solo adesso nella narrativa con questo romanzo scritto interamente – parole dell’autore – attraverso lo smartphone (!). Romanzo in parte autobiografico, racconta l’Italia del secondo dopoguerra e della ricostruzione (dalla fine degli anni ’40 ai primi anni ’60 del XX secolo) filtrata attraverso lo sguardo del protagonista, nelle tre fasi (bambino, ragazzino e ragazzo) corrispondenti alla tripartizione della narrazione che si ferma, programmaticamente, alle soglie del “boom". Il protagonista (Ninni, che però da un certo momento in poi verrà chiamato Piero, per decisione paterna) trascorre l’infanzia dividendosi tra le estati a Querciano, nell’Emilia rurale, e il resto dell’anno a Zanegrate, nella feroce cintura industriale lombarda dove frequenta la scuola in cui la suddivisione tra i banchi era stabilita dal censo. Successivamente c’è l’ingresso nella accogliente Milano degli anni ’50 e, infine, la presa di coscienza da parte di Piero che il proprio destino sarà indissolubilmente legato ai libri. Una passione, quella per la lettura, nata grazie alla nonna (e alla sua libreria) nelle lunghe e sonnolente estati emiliane. Suggestivi i ritratti di alcuni professori del Ginnasio e poi del Liceo milanese, e il racconto della creazione del giornaletto scolastico. Molto bello il finale, ambientato in Grecia, durante un viaggio premio istituito dal Ministero per gli alunni più meritevoli di tutta Italia. In un contesto come quello greco, carico di riferimenti storici, letterari e mitologici presenti in tutte le materie studiate in quegli anni, Piero scopre attraverso Lucrezia “quell’indicibile, totale esperienza di fusione con un altro essere, come due metalli che si saldano, quella cosa che, adesso lo capivano, si chiamava amore". Copertina: 4 Storia: 4 Stile: 5

GiovannaDA

Facilmente se pensiamo al mondo giovanile ci poniamo in un’ottica rivolta al futuro, al cosa verrà dopo, al percorso di crescita in senso “orario”. Con la storia di Ninni/Piero, a voi la scelta di come chiamare il protagonista, si procede con una prospettiva insolita, quella del passato. Non parliamo di una raccolta di memorie, ma della vita di un “Ragazzo Italiano” nato durante la Seconda Guerra Mondiale, che vive e percorre le tappe dell’infanzia e dell’adolescenza nel periodo cruciale del dopoguerra, tra la ricostruzione di una società lacerata e l’avvento di una modernità carica di cambiamenti economici, sociali e culturali. Ninni è solo un bambino emiliano, che ama i periodi di vacanza trascorsi a Querciano in compagnia della cara nonna, presenza amorevole essenziale, e che soffre il ritorno in città, dove tutto appare meno accogliente, perfino il proprio padre. La vita di paese e quella cittadina, i trasferimenti, il mondo della scuola con i suoi caratteristici insegnanti e compagni, le dinamiche familiari, ogni episodio narrato nei capitoli è ricco di spunti, riferimenti e dettagli che aiutano ad entrar meglio in un’epoca, come quella del dopoguerra, che difficilmente può essere compresa da chi è più giovane se nessuno si prende la briga di raccontarla. Ed è proprio questa caratteristica che da un tocco di curiosità in più. È impossibile non affezionarsi a Ninni/Piero che cerca, con tutte le sue forze, di trovare il suo posto nella vita, nel mondo. Non è facile neanche per i ragazzi di oggi, figuriamoci per chi ha vissuto in uno dei periodi più complicati della storia italiana. Leggendo emerge forte il senso di rivalsa e, a volte, la rassegnazione. Il romanzo sembra letteralmente sfumare sul finale, ma resta il fatto che la sfida vera per Piero sarà trovare la sintesi giusta tra il crescere e il rimanere autentico, come lo era Ninni, e adattarsi al contesto circostante pur mantenendo un pensiero ed aspirazioni liberi. COPERTINA: 5 STORIA: 5 STILE: 5

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Non è mai troppo tardi per iniziare a scrivere romanzi, soprattutto per uno che ha alle spalle una vita intera nell’editoria come Gian Arturo Ferrari, ex direttore generale di Mondadori, che esordisce ultrasettantenne con Ragazzo italiano, edito da Feltrinelli e nella cinquina (pardon, sestina) del Premio Strega di quest’anno. Ferrari racconta tre lustri di storia italiana dal dopoguerra sino ai primi anni Sessanta attraverso tre fasi della vita di Ninni, che seguiamo nell’infanzia, nella pubertà e nell’adolescenza; co-protagonisti sono i luoghi della vita di Ninni, i quali rappresentano tre volti dell’Italia di quegli anni: l’Emilia rurale e contadina di Querciano, l’industria lombarda di Zanegrate e infine la Milano che si avvia verso il boom economico.

Querciano rappresenta l’Emilia produttiva, in cui uomini e donne costituiscono una comunità solidale, al netto delle lotte tra bianchi e rossi à la Don Camillo e Peppone. È il luogo mitico delle origini, il posto nel mondo in cui Ninni si sente a casa, dove trascorre le lunghe estati dell’infanzia con la sua amata nonna, emblema di un mondo contadino che ormai sta scomparendo e che resiste invano ad un progresso ormai inevitabile. La lombarda Zanegrate è esattamente l’opposto: il paesino industriale in cui Ninni vive d’inverno è uno scenario fatto di persone gelide, intrise di una diffidenza assoluta che è lascito amaro della guerra, della quale nessuno parla perché troppo ha ferito.

Ninni odia profondamente il mondo industriale di Zanegrate e non può che tirare un respiro di sollievo quando lo lascia per Milano, dove vivrà il passaggio dall’infanzia all’adolescenza e diventerà Piero, abbandonando il suo (troppo provinciale) nomignolo da bambino. Il capoluogo lombardo si distingue per le sue contraddizioni: da una parte le insegne luccicanti e le vetrine dei negozi del centro, dall’altra le baracche e i prefabbricati degli immigrati dalle campagne che vivono nell’indigenza, ma che insistono a rimanere perché ‹‹meglio manovali a Milano che a zappare a casa loro››. Nel mezzo le macerie della guerra, ferite di una Storia che tutti cercano di rimuovere lavorando come in preda a quella febbre assurda che è la società dei consumi, un nuovo sistema di bisogni fatto di elettrodomestici, televisione, grandi catene di negozi e vacanze al mare.

Ninni diventa sé stesso stando a contatto con queste “tre Italie”, ma anche e soprattutto attraverso la scuola, a cui Ferrari dedica le pagine forse più interessanti del libro. La scuola di Zanegrate è classista, non considera la personalità del bambino, ma la condizione economica della sua famiglia; la disposizione dei banchi nell’aula e i voti della maestra ricalcano la gerarchia sociale che si intende perpetuare: chi come Ninni è figlio di poveri (immigrati per giunta) non è di certo aiutato a migliorare la propria condizione grazie allo studio. Diversissima è invece la scuola di Milano con l’illuminato Maestro Poli: laica e democratica, non guarda alla provenienza di ognuno, ma dà a ciascuno le medesime possibilità. Le scuole medie sono invece il luogo in cui l’istruzione ricalca il meccanismo della produzione industriale, che rende il bambino un impiegato a tutti gli effetti.

Il protagonista reagisce alla noia di questa industria del sapere scoprendo i libri e la letteratura, che d’ora in poi diventerà la sua vera casa e che lo condurrà al liceo classico, lì dove si sprigiona la vitalità della cultura, unica speranza di riscatto. Qui Piero frequenta la classe dirigente e cerca sé stesso assieme agli elitari compagni di classe, i quali sono presi dalla ricerca di un gruppo con cui identificarsi attraverso la politica, la religione, il vestire o addirittura il bere (con i ‹‹bevitori del Martini››).  Questo bisogno di identità assomiglia molto a quello dell’Italia degli anni ’60, la quale cercava sé stessa tra forze molto contrastanti come il comunismo, il socialismo e il cattolicesimo.

La rappresentazione della grande Storia attraverso le piccole esistenze dei personaggi costituisce il cuore di Ragazzo italiano, ma anche la sua stessa debolezza. Ferrari racconta gli oggetti, i luoghi e le abitudini dell’Italia di quegli anni con una dovizia di particolari tale da far credere quasi che si tratti di un romanzo autobiografico. Eppure questa profonda conoscenza non conduce alla creazione di personaggi altrettanto vividi, ma anzi unidimensionali: è come se Ferrari avesse creato con grande perizia gli spazi del romanzo senza preoccuparsi di farli abitare da personaggi all’altezza. Le dinamiche relazionali tra i personaggi vengono esibite in modo esplicito, senza lasciarle trasparire dai gesti e da quel non-detto che in letteratura è decisivo quanto necessario. Si finisce così per strizzare l’occhio alla fiction televisiva, la quale del resto ha attinto a piene mani al momento storico raccontato nel romanzo.

La scrittura di Ferrari è netta, telegrafica, con un tono quasi cronachistico che non lascia trasparire alcun “piacere del testo”, dal momento che l’attenzione è concentrata unicamente sul “cosa” si racconta piuttosto che sul “come”. Pur partendo sempre dalla prospettiva di Ninni, la narrazione in terza persona non aiuta a “riscaldare” il racconto, ma risulta fredda e monocorde. Il nocciolo delle difficoltà del romanzo mi sembra paradossalmente contenuto in una critica che il Maestro Poli fa a un tema di Ninni:

“Qui c’è troppo, non troppo poco. Troppi particolari, troppe minuzie. Un tema non è come il manuale del piastrellista, che deve spiegare ogni cosa passo dopo passo perché poi quello il pavimento deve farlo. Il bello del tema è che lascia capire molto dicendo poco. Pochi particolari, da cui io devo vedere l’insieme. È un disegno, non una fotografia” 

Ferrari ha creato proprio questo: una serie di fotografie dell’Italia del dopoguerra, un prodotto editoriale e di artigianato che in quanto tale è funzionale solo a un suo consumo, senza però lasciare il segno come invece un’opera letteraria (forse) dovrebbe fare.

Recensione di Giacomo De Rinaldis

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Ninni è il piccolo grande protagonista di questo meraviglioso romanzo di formazione. Nato alla fine della Seconda Guerra Mondiale, attraversa, crescendo, la ricostruzione del dopoguerra, la difficile rinascita, la disperata corsa alla ripresa. Li vive sulla propria pelle, li guarda attraverso gli occhi del bambino – poi del ragazzino e del giovane uomo- che si divide tra la sua casa con i genitori e la sorella, prima a Zanegrate, poi a Milano e la casa di campagna a Querciano, con la nonna. Figura, quest’ultima, determinante per la sua crescita: donna di altri tempi, cresciuta in una società gerarchica agricola, ancorata alle convenzioni sociali del passato, refrattaria alla modernizzazione che inevitabilmente avanza, ma colma d’amore per il nipote, figlia e madre di maestre e maestra lei stessa. E’ lei che per Ninni, più di chiunque altro incarna il concetto di amore e, soprattutto, quello di un accudimento, che l’autore definisce con un aggettivo straordinariamente realistico: “ feroce”. Questa donna estremamente forte protegge il suo cucciolo, lo fa sentire al sicuro più di chiunque altro, permettendogli quasi inconsapevolmente di sviluppare le sue vere potenzialità, represse dal rapporto con un padre che è certamente centrale nel nucleo familiare per la difficoltà che tutti paiono avere nel rapportarsi a lui, ma emotivamente assente, in particolare per Ninni, quel figlio gracile e delicato che così tanto si allontana dalle sue aspettative e dal suo modo di essere.

Gli anni passano e Ninni diventa un ragazzo che finalmente trova il suo posto nel mondo, ma non si tratta di un luogo fisico: quel posto è nei libri che scopre nei lunghi pomeriggi a Querciano; è nella consapevolezza di appartenere ad un gruppo di persone che condividono il suo stesso interesse, la sua passione, la sua curiosità.

Alla descrizione del preside del liceo che Ninni frequenta è affidato uno dei concetti, secondo me, cardine del filo conduttore della formazione e della crescita del protagonista: “…spendeva soldi e comprava libri per non farli restare a prendere polvere sugli scaffali, diceva. Però non bastava, bisognava anche far capire che la cultura era una cosa viva, non una statua, ma il contrario, una specie di mostro marino che si divincola da tutte le parti, che tocca tutto, che c’entra con tutto.

La cultura, dunque, al centro di tutto; la cultura come vero strumento di crescita nel caos delle nuove possibilità affidate al guadagno, alla comparsa dei primi elettrodomestici, all’inizio del nuovo benessere economico che concentra l’attenzione sulla possibilità di comprare mobili, andare in villeggiatura, possedere uno dei primi apparecchi televisivi da sfoggiare con il vicinato, e allontana l’uomo da se stesso e dal suo mondo interiore. Una società nuova che non si cura dell’anima, ma del corpo e della mera apparenza; che costringerebbe Ninni ad essere ciò che non è, se non fosse per la forza che trae dall’aver trovato animi simili al suo.

Siamo lontani temporalmente da quegli anni, ma forse non siamo cambiati molto e dovremmo prendere un po’ di più esempio da Ninni, dalla sua forza di andare contro corrente coltivando la medesima curiosità insaziabile per la bellezza interiore e per il sapere, che sono le uniche vere armi per una reale e duratura ripresa.

 

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Gian Arturo Ferrari

1944, Gallarate

Gian Arturo Ferrari, dopo la laurea in Lettere Classiche all'Università di Pavia Ferrari si è dedicato, dal 1974 al 1989, all'insegnamento universitario come Professore Incaricato di Storia della Scienza e poi Associato di Storia del Pensiero Scientifico presso l' Università di Pavia.Ferrari ha maturato successivamente una forte esperienza in ambito editoriale e culturale, riconosciuta a livello internazionale; ha iniziato il proprio percorso professionale presso la casa editrice Boringhieri in qualità di assistente dell'editore. Successivamente è diventato Direttore Libri alla Rizzoli, per poi entrare in Mondadori nel 1997.Dal 1997 al 2009 direttore generale della divisione Libri Mondadori. Dal 2010 al 2014 ha presieduto il Centro per il libro e la lettura,...

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