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La traversata - Philippe Lançon - copertina
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traversata

Descrizione


A cinque anni dall'attentato alla sede di Charlie Hebdo, il libro che ha saputo raccontare alla Francia e al mondo il dramma di un sopravvissuto. Una straordinaria traversata nella trasformazione di un corpo, nella ricostruzione di una vita, nell'attraversamento intellettuale di una cultura che più di tutto, forse, ci rende ciò che siamo.

Vincitore del Prix Fémina, e del Prix Renaudot Special - Finalista Prix Médicis e Prix Interallié.

«Un capolavoro indiscutibile, assoluto» - Le Figaro Magazine

«Una testimonianza rara e affascinante» - Libération

«Un libro straordinario, uno splendido resoconto di un’esperienza terribile» - Elle

Parigi, 7 gennaio 2015. È una giornata fresca ma non piovosa. Philippe indossa giaccone e berretto, prende la bicicletta, si ferma in un minimarket a comprare uno yogurt da bere e prosegue fino alla sede di Charlie Hebdo, il giornale satirico di cui è uno dei redattori. La riunione è già cominciata, gli altri sono seduti intorno al tavolo, si parla dell'ultimo libro di Houellebecq, le opinioni sono contrastanti, la discussione si anima. Poi, dal nulla, due uomini armati vestiti di nero fanno irruzione nella sala e cominciano a sparare all'impazzata. Il bilancio è di dodici morti e undici feriti. Philippe Lançon è uno dei sopravvissuti all'attentato di matrice islamistica compiuto dai fratelli Kouachi. Una pallottola lo ferisce alla mano, un'altra gli porta via la parte bassa del viso: mandibola destra, parte del labbro inferiore, denti. Forse gli attentatori lo credono morto. È l'inizio di un'odissea ospedaliera che durerà nove mesi durante la quale la sua faccia viene ricostruita e rieducata, ma è anche un limbo, uno spazio-tempo intermedio sospeso tra una vita di prima che non esiste più e una vita di dopo che deve ancora cominciare, una dimensione strana in cui il ricordo si mischia con la realtà e con l'allucinazione. Philippe Lançon non parla del terrorismo islamico, se non come causa incidentale del suo dramma personale, ma ci accompagna nel suo viaggio di ricostruzione fisica che si svolge in parallelo alla ricostruzione della memoria, una nebulosa popolata di episodi e di personaggi tanto reali, da François Hollande a Ben Bella a Mario Vargas Llosa, quanto letterari, da Proust a Kafka a Thomas Mann. Ma sono ben altri i personaggi veri che lo assistono nel suo timoroso anelito di rinascita, sono la chirurga Chloé, il dottor Hossein, l'infermiera Annette, il portantino Lulu...
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Dettagli

E/O
2020
8 gennaio 2020
460 p., Brossura
9788833571768

Valutazioni e recensioni

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Anna
Recensioni: 5/5

Il memoir di uno dei sopravvissuti all'attentato alla sede di Charlie Hebdo, sviscerato in tutte le sue forme: dolore fisico, filosofia, attualità, letteratura, supportato da una scrittura magnifica, lucida e chirurgicamente precisa anche nei momenti più terribili, quando vengono raccontate le numerose operazioni per la ricostruzione del volto, senza mai però scadere nel morboso. Difficile, perchè ogni pagina è una coltellata, ma davvero profondo e illuminante.

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marco
Recensioni: 5/5

Memoir, autofiction, autobiografia.. non so quale sia l'esatta definizione di un libro come "la traversata", ma posso dire che è una lunga (e per certi versi dolorosa) lettura che vale la pena di essere affrontata, con tantissimi interessanti spunti sull'attualità e sulla letteratura. Il libro si divide idealmente in due parti: le ore e i giorni precedenti all'attentato nella sede di Charlie Hebdo occupano la prima marte; mentre la seconda parte si concentra sul successivo viaggio, la traversata appunto, dell'autore, tra operazioni, ospedali, successi e fallimenti. La prima parte è più breve, quasi romanzesca: il passo è concitato e, pur non mancando gli spunti di riflessione, è "l'azione" a farla da padrona. Nella seconda parte invece i tempi si dilatano, a volte ci sono pagine di digressioni mediche al limite del didascalico e anche difficili da affrontare per la loro crudezza: in questo senso, al lettore non viene risparmiato nulla. L'unica pecca direi che sta nell'eccessiva lunghezza: dal mio punto di vista, un centinaio di pagine in meno non avrebbero fatto male, gli ultimi capitoli sembrano un po' forzati, tirati per le lunghe, meno "focalizzati".

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deluca
Recensioni: 5/5

I bei libri che meritano di essere tradotti e pubblicati in italia. Un colpo duro, un momento triste della nostra Europa ed anche del mondo intero. Una testimonianza toccante e cruda.

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Recensioni

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Voce della critica

«Le copertine devono somigliare a tre cose: al libro che racchiudono, all’editore che lo pubblica, al lettore che lo compra» è ciò che sostiene il grafico Riccardo Falcinelli per puntare l’attenzione sulle immagini che parlano da sè. La copertina del recente libro di Philippe Lancon, La traversata (460 pagine, 19 euro), pubblicato da edizioni E/O nella traduzione dal francese di Alberto Bracci Testasecca, è un biglietto da visita per editore e scrittore: titolo e immagine si intrecciano per diventare un concetto solo ed esprimere la potenza del testo. Non a caso la scelta è ricaduta sull’opera  di Alberto Burri, Rosso plastica (1964): medico e artista, come ricuciva tessuti umani tra i quali si intravedevano i muscoli e le interiora, così riproduceva nelle sue opere ciò che, per motivi professionali, aveva visto e fatto. Il rosso della plastica disciolta non sembra altro che un aggroviglio di fibre e muscoli bucati e recisi. Le contrazioni violente della plastica che brucia danno il senso della drammaticità della storia di Lancon: il racconto dell’odissea ospedaliera per ricostruire e rieducare non solo la sua nuova faccia, ma il suo nuovo “io”.

Per chi non lo sapesse, l’autore scrive per Liberation ed è editorialista e giornalista culturale per la rivista satirica Charlie Hedbo. Ferito nell’attentato del 7 gennaio 2015, ha affrontato nove mesi di ospedale e ben 15 operazioni. Convinto, forse, della connessione che può instaurarsi tra fatti, anche se accadono a distanza di tanti anni, nella prima parte del libro racconta come la sua decisione di abbandonare Baghdad dove si era recato per raccontare la guerra del Golfo lo abbia portato a quel fatidico giorno in cui, durante una riunione di redazione, due terroristi con fucili automatici fanno irruzione mettendo in atto una carneficina: restano a terra 12 morti e 11 feriti. Lancon è ferito alle mani e alla braccia, ma presto si accorge di aver perso una parte del viso, dal naso in giù, sfigurato dai colpi di Kalashnikov dei jihadisti. Al posto del mento, nella parte destra del labbro inferiore, non c’è altro che un cratere di carne distrutta e cascante.

«…avevo più o meno detto addio a quel mondo arabo in cui stavo cominciando a sentirmi a mio agio, e che ventiquattro anni dopo mi avrebbe riacciuffato in modo imprevedibile nel cuore di Parigi.»

Inizia la sua traversata nel dolore. Inizia quello che potrebbe definirsi uno “sdoppiamento dell’io”: pensa al doppio di sé, si osserva dall’esterno e trova un riflesso che non è altro la proiezione della condizione angosciata dell’uomo.

«La voce di quello che ancora ero mi ha detto “Toh, siamo stati colpiti alla mano. Eppure non sentiamo niente”. Eravamo in due, io e lui, per la precisione lui sotto e io che levitavo al disopra, con lui che si rivolgeva a me dicendo “noi”.»

Inizia un processo di decostruzione e ricostruzione dell’io che ricorda in qualche modo il pensiero del filosofo John Locke, secondo cui l’identità personale di un ogni individuo coincide esattamente con la sua coscienza, che unisce azioni e sentimenti lontani nel tempo, nonché passato e presente. Ogni individuo, per ritrovare il proprio io, deve conservare la memoria del suo essere. Ecco, allora, che diventa quasi un’ossessione ricordare i particolari che hanno a che fare con il Lancon prima dell’attentato: lo fa attraverso i racconti degli amici con cui la sera prima era stato a teatro per assistere a La dodicesima notte di Shakespeare, i ricordi delle donne che ha amato e dei libri che ha letto. Memento! diventa il nuovo imperativo categorico.

Il Lancon del post-attentato muta il rapporto con la morte, inevitabilmente oserei aggiungere, con la quale deve confrontarsi nella sua essenza di ineluttabilità e inaccettabilità. Al suo risveglio nel letto d’ospedale, irrompe l’immagine, forte e prepotente, di se stesso morto, ma anche del fratello Arnaud, rimasto al suo capezzale. Il nuovo io affronta la morte che lo obbliga a riconoscere le proprie debolezze e paure, le fragilità e le angosce e lo trasforma: non è altro che l’incontro con il nuovo se stesso, in una sorta di galleggiamento tra un mondo reale e uno irreale.

L’ospedale con le sue camere (durante la degenza ne cambierà 5) diventa il suo rifugio, il riparo da tutto quel male che gli è piovuto addosso e che fa fatica a comprendere; la sala operatoria diventa la stanza della sua nuova casa. Un vero e proprio isolamento dal resto del mondo all’interno di un bozzolo.

«Io non ero nè prigioniero, nè malato, ero una vittima, un ferito, e avrei voluto restare nei miei ospedali il più a lungo possibile. Mi proteggevano, mi salvano da un male che facevo molta a capire e al quale non volevo nè potevo opporre alcun furore.»

La letteratura contribuisce a lenire la sofferenza. L’intero libro è costellato da continui riferimenti letterari, artistici, cinematografici: Proust, Kafka, Flaubert, Queneau, Valéry, Bach, Velazquez. Servono ad accettare la nuova realtà, a tessere le fila dell’umanità e a inneggiare ai rapporti umani che, nel lungo periodo di degenza ospedaliera, stringe con le infermiere, i medici e gli agenti di sorveglianza. Alla ricerca del tempo perduto lo segue di camera in camera, diventando fonte di meditazione sulla sua condizione e su Chloè, la chirurga che ha eseguito buona parte degli interventi, la sua eroina, la persona dalla quale ormai dipende la sua esistenza. Viaggio di Baudelaire, invece, appare nei momenti più difficile, quando la sensazione di stare per morire si fa prorompente e subentra l’esigenza di scacciare tale visione fisica della mente. La montagna incantata di Thomas Mann è l’antidoto per sconfiggere il terrore di lasciare l’ospedale. Frasi e versi di opere letterarie diventano breviario, ma anche viatico per non cedere alla tristezza e alla rabbia.

Anche il ritorno alla scrittura contribuisce a lenire la sofferenza non solo fisica, ma anche dell’anima: a consolarlo è una frase di Michel Foucault «All’incancellabile della cicatrice ho sostituito il cancellabile della scrittura». Torna a scrivere per Charlie Hebdo e per Liberation, un tentativo timido di uscire dal bozzolo e riprendere i contatti con il mondo esterno.

Ci sono voluti 5 anni per trovare il coraggio di scrivere sulla “traversata” affrontata per la ricostruzione della mandibola, sulla vita in ospedale tra cure e interventi, tubi e sondine, medici e psicologi, sofferenze indicibili e silenzio (non potrà parlare per molto tempo). Lancon ci consegna un capolavoro letterario assoluto, un inno all’umanità che commuove per la sua profondità e intensità, potente e salvifico che oltrepassa i confini dell’attentato del 7 gennaio 2015 per diventare la storia universale di chiunque senta il bisogno di ricostruirsi, di ritrovare il proprio io.

Recensione di Arcangela Saverino

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Philippe Lançon

Philippe Lançon è nato nel 1963 a Vanves. Giornalista e scrittore, scrive per Libération ed è editorialista e giornalista culturale per Charlie Hebdo. Ferito nell'attentato del 7 gennaio, ha affrontato nove mesi di ospedale e 15 operazioni. La traversata (2020, E/O) è il suo ultimo libro, il primo a essere pubblicato in Italia. Nel 2018 ha vinto il Prix Fémina e il Prix Renaudot Special, è stato inoltre finalista al Prix Médicis e Prix Interallié.

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