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Veramente molto commuovente la storia di questa coraggiosa mamma e le sue bellissime lettere alle sue amatissime bambine. Il suo destino e' straziante e la sua morte e' una perdita irreparabile, un libro stupendo da leggere con il fazzoletto alla mano perche' e' impossibile trattenere le lacrime.
Recensioni
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scheda di Giacomasso, S., L'Indice 1995, n. 4
Di Hertha Feiner, ebrea tedesca, insegnante, suicidatasi sul treno che la portava a Auschwitz, ci restano in tutto un centinaio di lettere dirette alle figlie, in salvo presso un collegio svizzero; solo una parte di tale corrispondenza è pubblicata in questo volume. La testimonianza dell'autrice è sicuramente preziosa per la ricostruzione della vita quotidiana di un'ebrea berlinese che, pur vivendo all'interno della sua comunità gode di relativi "privilegi" come moglie separata di un ariano. Per salvare e proseguire il suo rapporto con le figlie, la Feiner sembra infatti sforzarsi di mantenere la comunicazione sul piano dell'affettuosa consuetudine, accennando solo al peggioramento della situazione, sia propria sia della comunità. Costretta ad abbandonare il posto di insegnante dovrà collaborare alla deportazione dei primi ebrei berlinesi. Trapela la crescente preoccupazione per l'avvenire nella preghiera alle figlie di intercedere presso parenti o amici, per rendere possibile il suo espatrio, o di tornate loro in Germania, come "salvacondotto". Pressioni familiari hanno impedito alle ragazze di ascoltare gli ultimi appelli della madre. Nel ghetto di Varsavia un altro insegnante, dal tono meno intimista della Feiner, registra con scrupolo avvenimenti vicini e lontani; era uno degli "archivi viventi" della comunità annientata dalla grande deportazione tra il '42 ed il '43 (A. Lewin, "Una coppa di lacrime. Diario dal ghetto di Varsavia", Il Saggiatore, 1993).
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