L'eroe invisibile

L'eroe è un piccolo grande uomo, un comune commerciante di carne che nell'inverno 1944 si trova a Budapest quando i tedeschi stanno ritirandosi davanti all'Armata Rossa, ma si preoccupano ancora di avviare gli ebrei ungheresi ai capi di sterminio. Giorgio Perlasca dall'ambasciata ottiene la cittadinanza e il passaporto spagnoli. Potrebbe mettersi in salvo in Svizzera, ma decide di restare e spacciandosi come diplomatico si spende, a rischio della vita, per salvare gli oltre 3.000 ebrei rifugiati nelle "case protette" spagnole e impedire la distruzione del ghetto con oltre 60.000 persone. È il romanzo della storia narrato attraverso una vicenda individuale che attraversa e riassume non solo simbolicamente la più grande tragedia del Novecento. Due flash esemplificano il carattere corale della storia. Uno fiabesco: Perlasca alla stazione sottrae in extremis alla deportazione i bambini che ritornano alla casa protetta intonando La canzone dell'orchestra: "Arriva il suonator…violì-violì-violinò…chità-chità-chitarrà…tambù-tambù-tamburò…" (una specie di Vecchia fattoria ia ia o). L'altro epico: Perlasca esce dall'ambasciata recando un po' di viveri racimolati alla borsa nera per i suoi "protetti" con l'autista che innalza la bandiera spagnola, come un guerriero medievale preceduto dallo stendardo del re. Tornato in Italia riprende la solita vita, senza raccontare quasi niente del passato, finché Eva, una delle ragazzine ebree salvate, ritrova a Padova Jorge Per Lasca, che infine nel 1989 viene insignito in Israele del titolo di Giusto dei Giusti. A chi gli chiedeva perché lo avesse fatto rispose: "Ma lei cosa avrebbe fatto al mio posto?". Sarebbe bene che i professori della scuola media nelle (talora stantie) liste di letture estive inserissero libri come questo e per i lettori forti La banalità del bene di Deaglio.   Fernando Rotondo