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Libro interessante, avrei preferito almeno per le pagine con le foto una carta patinata.
Poca tecnica ma molto sguardo. Riassumerei così quanto mi ha lasciato questo libro. Lezioni vere, sembra di essere in aula. Va letto con attenzione per raccogliere il più possibile dall'approccio alla fotografia di Luigi Ghirri, affinché la fotografia non sia solo scattare, ma raccogliere e raccontare il luogo in cui si è in quell'istante, e trasmetterlo agli altri. Nel rumore fotografico di oggi, questo è senz'altro qualcosa da imparare.
Testo fondamentale se ci si vuole avvicinare alla figura di Ghirri ma molto utile anche per coloro che già lo conoscono e apprezzano la sua poetica. Non è un manuale sulla fotografia ma una raccolta di lezioni dalla quale traspare tutta la passione di Ghirri verso la fotografia. Da leggere e rileggere.
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Tra i più intelligenti e sensibili fotografi italiani del Novecento, Luigi Ghirri (1955-1992) lascia in queste Lezioni di fotografia una traccia come sublimata del suo credo estetico, del suo sapere tecnico, ma anche del suo impegno civile. Per il tramite di una riflessione condotta commentando i propri lavori ed esplicitandone le finalità, Ghirri disegna in queste Lezioni (trascrizione del corso tenuto nel 1989 all'Università del Progetto di Reggio Emilia) un suo personale "saper vedere", in un testo intessuto di dichiarazioni di poetica che fungono parimenti da viatico per meglio intenderne l'opera fotografica in tutta la sua vitalità. Ghirri vi dipana una grammatica della visione, alla ricerca di una "pulizia dello sguardo", di una capacità di filtrare la lettura del mondo a partire da quello a noi più prossimo, all'insegna di una "lentezza" del guardare. Nell'opera di Ghirri, questo soffermarsi sulle "cose" ha riguardato specie i paesaggi e gli interni, con la macchina fotografica che diventa filtro di percezione della realtà e osservatorio privilegiato su di essa; nelle Lezioni si parla così di pellicole e obiettivi, di storia della fotografia, ma anche di inquadrature e di tecniche di narrazione.
Insistentemente ricorre il tema del "luogo" e della sua "rappresentazione", esperita anzitutto "nel rapportarsi con la luce che gli è propria", e le Lezioni bene trasmettono questa particolare sensibilità nei confronti del paesaggio. Ghirri fu del resto promotore di progetti collettivi e pluridisciplinari che hanno segnato la storia della fotografia italiana come Viaggio in Italia (1984) ed Esplorazioni sulla via Emilia (1986). In pagine di grande efficacia "l'educazione dello sguardo" si carica di una prorompente valenza sociale, divenendo il contravveleno all'odierno stupro del paesaggio che ha portato a un "disastro visivo colossale", dove "i segni si moltiplicano, sono in conflitto tra loro". Al fine di superare questa "disaffezione che l'uomo ha sviluppato nei confronti del suo ambiente", questa sua "fondamentale incapacità di relazionarsi [con esso] attraverso la rappresentazione", Ghirri rivendica la necessità di un "recupero della rappresentazione visiva, oltre alla parola o all'informazione 'tecnica', come strumento di relazione con il mondo, di rapporto con l'ambiente". In queste riflessioni che, muovendo da un ambito estetico, investono un più vasto orizzonte antropologico, si intercetta probabilmente un nodo cruciale per intendere certa deriva contemporanea nella gestione del territorio, ormai percepito anche da chi vi abita come "altro da sé".
Capaci di cogliere un ambiente nel suo insieme e complessità, le foto di Ghirri non sono però mai una denuncia quanto piuttosto "un discorso di critica, di critica intesa come nodo dialettico, non come assunto". Secondo Ghirri, "la fotografia (
) rimane un linguaggio per porre delle domande sul mondo" e fare fotografia è cercare il punto di equilibrio "tra la nostra interiorità e il mondo esterno", nella convinzione che la fotografia "possa metterci in relazione con il mondo in una maniera diversa". Diverse pagine delle Lezioni restituiscono questo modo premuroso nell'accostare la realtà, alla ricerca di inediti itinerari visivi e percettivi: uno sguardo, quello di Ghirri, che assume i contorni di una "proiezione affettiva", come ricorda Gianni Celati nella nota posta a chiusura di questo libro prezioso.
Stefano de Bosio
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