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Una pace perfetta - Amos Oz - copertina
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pace perfetta

Descrizione


Kibbutz Granot. È un inverno piovoso, interminabile. Il buio cala presto, fa freddo e solo il calore dentro le case è capace di consolare. Yoni e Rimona sono due giovani sposi malinconici: lei sogna i figli che non ha avuto, lui il deserto, la fuga. Hava e Yolek invece rimuginano su vecchi rancori e nuove delusioni. Bolognesi, un ex detenuto graziato, un tipo strano ma con delle mani d'oro, lavora a maglia e borbotta frasi incomprensibili. Poi, nell'ennesima sera di pioggia, fa la sua comparsa Azariah, un ragazzo tutto ingenuità ed entusiasmo. Da quella sera, le cose a poco a poco cambiano. Ciascuno sembra andare progressivamente verso il proprio destino. E forse smetterà di piovere. Ambientato alla vigilia della Guerra dei Sei Giorni, nel 1967, "Una pace perfetta" incastona la vita di un kibbntz nella storia d'Israele e nel presente.
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Dettagli

2011
Tascabile
24 aprile 2011
350 p., Brossura
9788807722868

Valutazioni e recensioni

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AdrianaT.
Recensioni: 4/5
«Uno prende e se ne va altrove»

Ottimo incipit. 'Altrove' è una bella parola: fa sognare. Apre al viaggio, al mondo, all'alterità, alla scoperta. È questo che il protagonista Yonatan cerca, ed che quello che, nei libri, mi piace trovare. «Aveva bisogno di un posto remoto dove tutto fosse possibile e tutto potesse accadere - successo folgorante, amore, pericolo, incontri particolari.» Ed è da questa necessità che l'immaginazione di Oz, attraverso il pensiero del protagonista, si fa vivida e coraggiosa; così il sogno si fa sostanza, e fantasticare su un futuro diverso, tutto da costruire, è un balsamo per mente e anima. Impossibile resistere a questa forza centrifuga, perché l'aria del kibbutz Granot, per Yonatan, si sta facendo sempre più asfittica: voglia di ossigeno, solitudine e libertà. Basta con le rinunce!; voglia di vivere una vita vera, tutta e solo sua, scrollandosi di dosso quella prestabilita e preordinata da famiglia e comunità: "finalmente fuori dai loro schermi radar". «Tu non hai potuto fare a meno di andare. Non potevi mica restare per tutta la vita ad aspettare, senza sapere cosa e perché stavi aspettando. Niente rimpianti. Quel che è stato è stato.» Grande narratore, Oz! Molto bravo a illuderlo e a illuderci, tenendoci tutti in sospeso fra aspirazioni, desideri, dubbi, tentennamenti e rimorsi; fra la realizzazione e il fallimento. Secondo me, assieme a Giuda, questo è uno dei suoi romanzi meglio riusciti, e 'tre piani' sopra Eshkol Nevo, tanto per dire...

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Donatella
Recensioni: 5/5

Bellissimo, come tutti i romanzi di Amos Oz. Letto in un momento per me un po'critico, e'stata una lezione. Grande godimento nella lettura.Personaggi vivi, perfetti, come tutti i personaggi di Oz. A tratti ironico..mi ha commosso e fatto sorridere. Memorabile la descrizione di Tel Aviv a pag.114: da incorniciare.

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PROT
Recensioni: 5/5

è il terzo libro di Oz che leggo ed è il terzo 5 che dò ad una sua opera... mi sa che forse è uno dei miei autori preferiti, no?? in questo caso forse il racconto ha fatto un pò di fatica a dipanarsi, ma mi sono piaciuti moltissimo i personaggi, particolarmente Yonathan, visto che in questo periodo sto in qualche modo provando i suoi stessi sentimenti... peccato averlo finito

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Voce della critica

Yonatan non vuole rimanere al Kibbutz Granot. Non è quello il modo, non sono quelli i tempi e non è questa la terra in cui vuole invecchiare. Cosa cerca Yoni? Cerca ciò che lui chiama libertà, concetto che in questo complesso romanzo assume un ruolo molto relativo e ricco di sfaccettature. C’è la libertà di coloro che credono nei valori e nel sistema instauratosi nell’organizzazione collettivistica del Kibbutz, o quella di coloro che si riparano dietro citazioni altrui e vedono in questa grande comunità un’unica ancora di salvezza. C’è chi preferisce la metodicità, la consuetudine, un vivere piatto che per Yoni non è che l’ascia pronta a tranciargli via le ali e impedirgli di prendere il volo verso un paese senza conflitti, senza la povertà di azione in cui invece imperversa la sua esistenza in quel Kibbutz. Non è detto che serva uscire dal suo paese per trovare quello che cerca…

Una pace perfetta apre gli occhi su un aspetto dello stato di Israele che va oltre i fatti di cronaca a cui siamo abituati e stringe l’obiettivo su una porzione di realtà atta a rappresentare una corrente di pensiero di base socialista, nata in contrasto al modo di vivere occidentale, che fa del lavoro comunitario la sua solida base.
I Kibbutz nacquero nel 1909, ancora prima dello stato di Israele e contribuirono alla sua crescita e alla formazione di un credo politico solido, importante. I rapporti all’interno della comunità si basano sul principio di uguaglianza e collaborazione. Tutti lavorano non per denaro, ma per la prosperità comune. Oltre all’agricoltura vengono praticati molti altri mestieri artigianali o industriali. Al kibbutz Granot diretto dal segretario Yolek arriva Azariah un giovane esaltato, dai modi bizzarri, imbevuto di ideali d’altri tempi, di filosofia, del pensiero di Spinoza. Vuole divenire membro di quella comunità, lo desidera con tutto il cuore, perché sente che il conflitto si avvicina e che Israele ha bisogno di una scossa. Il kibbutz è un portavoce ideale per il cambiamento. Poi si avvicina a Yonatan, figlio di Yolek, insoddisfatto della sua esistenza, di sua moglie e bisognoso di capire cosa c’è al di fuori di quella monotona gabbia. L’arrivo di Azariah sarà il passaporto per la sua fuga, gli lascerà la sua vita per costruirsene una nuova. Ognuno sembra aver trovato la strada per il raggiungimento dei suoi obiettivi, la realizzazione dei sogni.

Il pensiero di Baruch Spinoza aleggia tra le pagine di tutto il romanzo e passa dalla bocca di Azariah a quella di Yoni. Vivendo, andando incontro al proprio destino, i due trovano conforto nelle parole del filosofo di Amsterdam. Secondo Azariah dobbiamo accettare tutto serenamente, il destino risponde ad una legge eterna, come la somma degli angoli di un triangolo è sempre 180 gradi. Cosa rappresenta questo personaggio fondamentale, motore involontario di tutto lo scompiglio creatosi nella famiglia di Yolek? È semplicemente un utile strumento per tutti.
Lui è quello che renderà più facile il perseguimento del destino di ciascuno. Di lui si avvale Yoni per trovare la libertà mai avuta, grazie a lui Rimona, la moglie di Yoni, riuscirà finalmente ad avere un figlio e lo stesso Amos Oz se ne serve per aprire gli occhi della sua gente, far ragionare finalmente sui fini che uno stato giovane e in conflitto si deve proporre. Torna a prima della Guerra dei Sei Giorni, prima che tutto sfoci nella catastrofe e che scatti la trappola di questo eterno conflitto. Torna a teorie e assiomi elaborati nel ‘600, proprio da quel filosofo ebreo che sempre lottò per la libertà. Ogni essere umano deve seguire il suo destino, ognuno deve trovare il suo fine di vita e perseguire sulla propria strada e poi Dio è in tutte le cose, non si trova all’esterno del mondo. La terra, nel romanzo di Oz, gioca quasi il ruolo di un elemento salvifico. È in grado di pulire, di effondere energia vitale, forza, aria nuova. Uscire dal mucchio, uscire da certi confini imposti, da una visione ristretta, che ambisce ad essere rimessa insieme alla meglio nonostante l’inevitabile deterioramento dovuto ai passaggi generazionali, alle ferite inflitte dal tempo.
Azariah trova il coraggio di alzare la voce anche sul primo ministro Eshkol, preoccupato per la fuga di Yonatan e deciso a riportare l’“ordine” facendolo tornare a casa, con una provocazione irreprensibile, l’essenza di un ragionamento millenario e mai risolto: dove sta il problema se un giorno lui ha deciso di andarsene? È vietato forse? […] quale legge ha trasgredito? Quale regola ha violato? Ma come, la vita è forse tutto un servizio militare?

Oz si spinge oltre, puntando il dito su quel labile confine che separa il bene e il male. Ognuno definisce bontà e cattiveria a suo modo, ognuno stabilisce regole e scale di valori in cui inserire diligentemente o una o l’altra parola. Il dibattito interiore di Yonatan è mosso dall’incombenza di un desiderio di vita che per gli altri sarebbe incompatibile con quello di giustizia. Tuttavia, viene da chiedersi se la giustizia premi per forza il bene. O se sia in grado sempre e comunque di sconfiggere il male.
Il congegno che aziona la molla di ogni conflitto sembra consistere proprio in questo. L’analisi psicologica e sociologica di tutti i suoi personaggi, così diversi tra loro, con background di ogni genere, trasmette al lettore l’importanza delle diversità e del desiderio di appartenenza ad un luogo, ad una comunità, ad un nucleo familiare: un’urgenza che porta a relativizzare, anche pericolosamente, il pensiero e che insidia le menti già vacillanti di questo popolo giovane, mosso dal bisogno di un’ autonomia troppo difficile da consolidare. Per questo, spesso sembra che ammazzare brutalmente qualcuno sia l’unica soluzione possibile e giusta, nonostante sia un’esperienza che l’animo umano percepisce naturalmente come qualcosa di atroce. Yonatan non riesce a togliersi dalla testa la brutalità del conflitto armato, della facilità con cui, durante la guerra contro i siriani, si strappavano vite altrui nella maniera più feroce possibile. Eppure le risposte che incontra sono queste: non c’era altro da fare, non avevi alternativa.
Viene da chiedersi fino a che punto una persona, abituata per ragioni culturali a ragionare così, possa davvero distinguere con chiarezza l’errore dalla cosa giusta, l’azione buona da quella malvagia.
È forte il contenuto del romanzo, impregnato di storia, fantasia, poesia, filosofia e di una struttura massiccia, capace di alternare prima e terza persona con naturalezza e senza bisogno di passaggi drastici, né di pause. Una raffica di punti di domanda seguiti a ragionamenti, un incrocio e scontro di teorie, pensieri e soprattutto paure. Dalle pagine ogni elemento, ogni sensazione fuoriesce con immediatezza e lascia una scia di sconforto, ma anche di speranza, perché si ha sempre la sensazione che l’amore dello scrittore per la sua terra non gli permetta di perdersi o lasciarsi abbattere. Per questo, le conquiste e la scoperta di sé da parte dei suoi personaggi lo spingono a lunghe digressioni poetiche, incantevoli descrizioni di paesaggi, in cui si lascia andare ad uno stile quasi romantico che scorre con la freschezza di un torrente illuminato dal sole, ma agitato da un venticello deciso e instancabile. Torna Spinoza: la natura è sacra, parla molto più dei dibattiti, delle leggi, dei ragionamenti.
Nell’amore per ciò che lo circonda, per ogni singolo elemento che compone quella realtà, l’uomo ritrova la sua strada e il suo ruolo nella storia del mondo, non solo del suo popolo. La natura non è di nessuno, il deserto è immenso e non conosce appartenenza. Yoni si perde tra le meraviglie della luce, del cielo e del territorio selvaggio su cui posa finalmente i piedi.  Era una luce torbida, ovattata, una luce dell’altro mondo. Un fremito lieve sembrava passare su per il monte. Rossa, enorme, avvampata, la luna spuntò da dietro i Monti di Edom. Il mondo si trasformò di colpo. Fiotti di luce sui pendii scuri. Sul pianoro un fremito d’argento, esangue, percorse il silenzio.
La letteratura permette di superare ogni confine geografico e ideale, il limite culturale di ogni paese, i freni alla condivisione.

di Anna Zizola

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Conosci l'autore

Amos Oz

1939, Gerusalemme

Amos Oz (pseudonimo di Amos Klausner) è stato uno scrittore e saggista israeliano. Ha studiato all’università ebraica di Gerusalemme e a Oxford. Partecipa attivamente al dibattito politico per una risoluzione del conflitto israeliano-palestinese, cui ha dedicato i saggi In terra di Israele (1983) e Contro il fanatismo (2004), oltre che numerosi interventi sulla stampa internazionale. Nei suoi numerosi romanzi – il cui punto di vista privilegiato è quello delle relazioni di coppia o generazionali – riflette i conflitti aperti nella società israeliana e la difficile convivenza delle due culture, europea e araba, in una visione ironica, priva di ottimismo: Michael mio (1968), Un giusto riposo (1982), La scatola nera (1987), Conoscere una donna (1989),...

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