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L' isola dell'angelo caduto
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L' isola dell'angelo caduto - Carlo Lucarelli - copertina
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isola dell'angelo caduto

Descrizione


Gennaio 1925. Mentre il Duce si assume alla Camera la responsabilità del delitto Matteotti, su una sperduta isola italiana, sede di una Colonia penale per delinquenti comuni e prigionieri politici, viene trovato il cadavere di una camicia nera. A indagare su questa morte, e su quelle che seguiranno, è chiamato un giovane commissario senza illusioni, né fascista né antifascista, un piccolo malinconico eroe involontario. Ha una moglie resa folle dalla tristezza, dalla solitudine e dagli influssi malefici che aleggiano sull'isola. Che sembra intanto sprofondare in una sorta di incantesimo sempre più insondabile, tanto che forse, ormai, allontanarsi è dawero impossibile...
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Dettagli

2009
17 giugno 2009
219 p., Brossura
9788806200275
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Indice


Le prime frasi del romanzo:

Da allora, anche anni e anni dopo che gli eventi si furono conclusi, conclusi e mai dimenticati, ogni volta che guardava il mare, e vedeva la schiuma di un'onda spaccarsi su uno scoglio, e sentiva le gocce che si schiacciavano sul vetro della finestra a cui appoggiava la fronte, ogni volta, ovunque si trovasse, gli tornava in mente la notte che arrivò sull'isola.
Era così buio quella notte che il cielo e il mare erano la stessa cosa, talmente neri e stretti e lucidi che sembrava di stare sospesi nel vuoto. E se serrava le palpebre, e le copriva con la mano, e premeva, forte, lo spazio che vedeva dietro agli occhi, cieco come quello in cui si formano i pensieri, era nero come quel mare e quel cielo, infinito e nero. E anche il sale che gli toccava le labbra, e quel sapore sottile di petrolio e motore e il sospiro appena soffiato del legno che sfiorava il mare sembravano venire dal niente e svanire subito nel silenzio opaco e nell'odore immobile di quella notte. Mentre sedeva rigido in fondo alla barca, schiacciato dalla nausea e dall'angoscia, sentiva Hana rabbrividire di un freddo innaturale e stringergli il braccio, attaccata a lui come se avesse paura di cadere in acqua.
C'era luna piena quella notte ma non la si poteva vedere, così nascosta dietro alle nuvole blu che gonfiavano il cielo. Solo ogni tanto un riflesso riusciva a passare tra quelle nocche strette come pugni di piombo e a scivolare veloce e livido sull'increspatura di un'onda. E vicino all'isola la nebbia era un velo umido e nero, che striava il buio rendendolo più fitto, appena un po' più scuro là dove iniziava il molo.
Appena mise piede sulla banchina, un brigadiere si staccò dal nulla e gli corse incontro alzando la lucerna. Quasi gli schiacciò addosso il volto, allungato e scavato come un teschio dalle ombre rosse della fiamma a carburo.
- Benvenuto, commissario, - continuava a ripetere, il braccio teso a prendergli di mano la valigia, - benvenuto sull'isola, buona permanenza all'Eccellenza Vostra e alla Signora.
Fu allora che lui strinse Hana per le spalle e le sussurrò all'orecchio: - Vedrai, vedrai che non sarà per molto, Hana, vedrai, vedrai, - sempre più forte, sempre più forte, sempre più deciso, finché non le vide tremare un sorriso sulle labbra, anche se breve e livido e incerto, e svanire rapido nel buio, come un riflesso di luna in quella nebbia nera.

Il primo giorno

Uno.

C'era qualcosa nel vento. Se girava il volto su una spalla l'aria del mattino gli scivolava silenziosa sulla fronte appena riscaldata da un sole liquido e giallo come il tuorlo di un uovo vecchio. Ma se lo piegava sull'altra, allora il vento gli riempiva la testa, fischiava contro un timpano e gli portava quella voce, quella nota più acuta e dissonante che si confondeva con i sibili ruvidi dell'aria in movimento e ne usciva all'improvviso con un salto, a metà tra un gemito e un singhiozzo. Non pensò cos'è quel suono, perché lo conosceva bene, era una canzone e veniva da dietro una finestra chiusa di casa sua, una canzone stupida, che ripeteva Ludovico sei dolce come un fico e lo ripeteva all'infinito, e allora lui piegò la testa sulla spalla, per non sentirla, e sarebbe rimasto così anche tutta la mattina se non fosse stato per l'ombra scura che si era allungata, silenziosa e rapida, sul giornale che con le mani aperte teneva steso sulle ginocchia.
Era il profilo obliquo di un uomo che tagliava a metà il titolo al centro della pagina, LE DICHIARAZIONI DELL'ONOREVOLE MUSSOLINI ALLA CAMERA, e anche le tre righe sotto, più piccole e scolpite in un corsivo grassoccio, dai bordi arrotondati: La chiusura senza discussione né voto. L'assemblea sarà riconvocata a domicilio. Un chiarimento entro 48 ore. Il commissario alzò lo sguardo, forzando indietro il mento, sulla spalla, così tanto che il vento gli entrò nell'altro orecchio, fischiandogli Ludovico. Socchiuse gli occhi, per il riverbero del sole. Oltre la siepe del giardino, indistinta e sfocata sui bordi come una fotografia scattata controluce, la sagoma dell'uomo che si era alzato sulle punte per leggergli alle spalle tornò ad abbassarsi sui talloni.

Valutazioni e recensioni

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Lucia
Recensioni: 1/5

non mi è piaciuto

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Towandaaa
Recensioni: 3/5

L’impressione dominante che ho avuto è quella della discontinuità. A pagine dal ritmo sostenuto si alternano pagine di una lentezza talvolta disarmante, e se da un lato ho apprezzato le descrizioni degli ambienti con una abilità tale da farli percepire non solo visivamente ma anche, direi, in senso olfattivo, uditivo e tattile, dall’altro non nego che ci siano stati anche momenti in cui ho avuto l’impressione che l’autore si fosse fatto prendere un po’ troppo la mano. Cioè, che si sia trattenuto pericolosamente troppo a lungo sul confine che separa la descrittività funzionale alla costruzione dell’attesa e del pathos dalla descrittività che può anche stancare. Nel complesso comunque il romanzo mi è piaciuto, soprattutto ora che, conoscendo l’epilogo, sono in grado di riconsiderare sotto una nuova luce tutto lo sviluppo della trama precedente. E in particolare mi è piaciuto il dibattersi del commissario nel dilemma tra il senso dello Stato e del dovere trasmessogli dal padre e il desiderio di salvare la moglie e se stesso dalle distruttive influenze di questa isola “così sperduta da non avere neanche un nome”, anche quando sarebbe stato molto più comodo sottoscrivere una versione diversa ma comunque plausibile dei fatti. Così come mi è piaciuto il lavoro di costruzione del personaggio dedicato a Mazzarino, condotto con piccoli accenni disseminati nel testo che si ricollegano e giungono a compimento solo al termine, quando si disvela nella sua ossessione di essere signore e padrone dell’isola ad ogni costo.

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gianna
Recensioni: 4/5

Uno dei migliori Lucarelli di sempre. Non solo per la storia ambientato nel periodo in cui il fascismo cominciava a conquistare il potere, non solo per i personaggi a volte descritti con capacità introspettiva e mai superficiali ma soprattutto per lo stile, uno stile asciutto ma ricercato, con le parole giuste nei tempi giusti. Da leggere con piacere.

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Recensioni

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La recensione di IBS


"... attraversò il giardino e poi giù lungo la strada che portava al paese, dove non c'era vento e quella canzone, saltellante, assurda e isterica, non si poteva sentire più."

Gennaio 1925: muore un miliziano fascista, una camicia nera. Apparentemente si tratta di un incidente: l'uomo è scivolato su una roccia ed è precipitato, morendo sul colpo per la caduta. Ma le cose non sono così semplici come potrebbero apparire: innanzitutto proprio perché si tratta di un fascista, poi perché il fatto è accaduto su un'isola, non ultimo, infine, per la professione svolta dall'uomo, il camerata Miranda, in forza alla Colonia penale che ha sede sull'isola. Non può essere morto di notte, perché l'alta marea l'avrebbe portato con sé, e come può essere scivolato di giorno, quando il precipizio è ben visibile e quindi facilmente evitabile?

La Colonia penale dell'isola ha un nome "poco adatto, Capo d'Angelo, uno scherzo di nome, perché era nata come carcere per i ribelli. In realtà, in origine il luogo si chiamava diversamente, Capo dell'Angelo caduto, per via di una leggenda che voleva che uno degli angeli ribelli fosse precipitato proprio lì, su quella parte di isola, cadendo dal cielo."

Tra confinati e miliziani, abitanti dell'isola e personaggi di passaggio, iniziano le indagini di un commissario intelligente e preparato che immediatamente capisce che l'incidente non è tale e che dietro questa morte apparentemente accidentale forse si nasconde un omicidio e chissà cos'altro. E quando si trova un altro morto, Zecchino, un informatore molto conosciuto...

Confino politico e valutazioni sul regime si confondono con la quotidianità, la difficoltà di superare i piccoli e grandi problemi del vivere, che per il commissario sono costituiti da una moglie esaurita e depressa, chiusa in se stessa, in volontario isolamento, e dalla possibilità e dal desiderio di un trasferimento visto come l'unica possibilità di salvezza. Ma gli eventi incalzano e la vita, in fondo, prosegue nella direzione di sempre.

Come suo solito, anche questa volta Lucarelli ha ricreato un ambiente anche attraverso una colonna sonora di riferimento, legata al tempo in cui si svolge la vicenda (anzi, come lui stesso scrive, leggermente successiva, 1931, ma non è importante...). È una canzoncina che diviene ossessionate per il protagonista, la celebre Ludovico (ricordate? Ludovico, sei dolce come un fico / più vero amico / di te non ho...), un motivetto che inevitabilmente cantiamo in sottofondo ogni volta che viene nominata (e avviene sovente) nelle pagine del romanzo. Ludovico è la traccia della storia, è il binario in cui si incanala, è la parte surreale della vicenda, ed è anche il finale.

Lucarelli è ormai un grande esperto nel narrare storie "gialle", misteri complicati. Ha "fatto scuola" con molti suoi lavori precedenti ed ora con la sua trasmissione televisiva, Blu notte, dedicata appunto a omicidi irrisolti, misteriosi, difficili da decifrare e ancor più nebulosi nel momento in cui si vuole dare un volto ai colpevoli. Avevamo già parlato di lui in occasione dell'uscita del suo precedente romanzo, Almost Blue. Era il 1997. Nel frattempo ha abbandonato quel tanto di "genere" che lo legava di più a quella corrente che superficialmente veniva definita di scrittori cannibali, ha deviato il suo percorso verso una narrativa più completa, più raffinata e ancor più interessante. Nel 1998 abbiamo ancora presentato due suoi lavori, Compagni di sangue (cronaca delle vicende del Mostro di Firenze, scritto a due mani con Michele Giuttari) e Autosole che si discostava molto dal precedete romanzo e poteva sembrare (e forse era) più un divertissement in forma di raccolta di racconti tra loro intrecciati. Ora Lucarelli torna all'antico amore del giallo, dell'indagine (svolta in modo impeccabile), della narrativa noir. Ma soprattutto con questo nuovo lavoro, troviamo un autore "maturo", consapevole del proprio talento e capace di offrircelo senza eccessi e senza mistificazioni.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Carlo Lucarelli

1960, Parma

Affermato scrittore di letteratura gialla e noir, vive tra Mordano (Bo) e San Marino. Il suo percorso narrativo va dai racconti brevi sparsi nelle varie antologie del Gruppo 13 (di cui fa parte) alla trilogia giallo-storica con il commissario De Luca pubblicata dalla Sellerio (Carta bianca, L'estate torbida e Via delle Oche). Dopo Almost blue (1997), Il giorno del lupo (1998 e 2008), L'isola dell'Angelo caduto (1999, Finalista al Premio Bancarella 2000), Mistero in blu (1999 e 2008), Guernica (2000) e Lupo mannaro (2001), tra i suoi libri pubblicati da Einaudi Stile libero ci sono il romanzo Un giorno dopo l'altro (2000 e 2008) e i racconti di Il lato sinistro del cuore (2003); poi Misteri d'Italia (2002), Nuovi misteri d'Italia (2004), La mattanza (2004) e Piazza Fontana (2007), gli ultimi...

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