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Edith Bruck è una sopravvissuta all'olocausto. Questa sua opera è una testimonianza della testimonianza. Mi spiego meglio: Edith racconta approfonditamente il suo rapporto "malato" con la testimonianza in scuole medie, licei e università. Dico malato perché lei avvertiva un obbligo interiore di raccontare, ma allo stesso tempo sentiva di parlare a un deserto. I ragazzini erano per lo più disattenti, impassibili, chiacchieravano o ascoltavano la musica. Cosa significa "Signora Aushwitz"? Edith fu chiamata così da una studentessa nell'atto di rivolgerle una domanda. Tra le tante, Edith ne temeva quattro: se fosse in grado di perdonare, se riconducesse la sua sopravvivenza all'esistenza di Dio, se si sentiva italiana e se avesse nostalgia del suo paese. Erano domande alle quali non sapeva rispondere e un po' si vergognava di non saper dare una risposta esaustiva, che soddisfasse la curiosità degli sguardi fissi su di lei. Essere continuamente sballottata da una città all'altra dell'Italia era diventato insopportabile, sia a livello mentale che fisico, costringendola anche a visite in ospedale e sedute da neurologi ma, citando le sue parole, Auschwitz abitava il suo corpo e separarsene avrebbe fatto più male che continuare a testimoniare. Il libro racconta del continuo "tira e molla" del suo terribile ruolo di narratrice di orrori. Come le disse un'analista, lei possedeva "il dono della parola", era scienziata dei propri problemi, il suo vissuto non poteva toglierglielo nessuno ed Edith forse stava proprio cercando un testimone al suo non voler più testimoniare. Anche noi siamo testimoni di questo, siamo testimoni di come tutti i sopravvissuti hanno reagito al dopo Auschwitz e di cosa si sia celato nelle loro menti durante la permanenza nei lager. Riuscirà alla fine Edith a rinunciare definitivamente alla testimonianza o sarà stata una guerra persa in partenza?
Edith Bruck in questo testo racconta una parte della sua vita, mostrandoci come l'esperienza della deportazione abbia lasciato cicatrici mai guarite nel profondo del suo animo. Non è un testo scontato, ma un modo diverso di raccontare una delle più grandi tragedie del secolo scorso e la tragedia dell'esistenza stessa della scrittrice. Il suo dolore è quasi palpabile: con lei soffriamo e percorriamo insieme un cammino di scoperta, di svelamento, di uscita dalla contraddizione del detto-non detto. Questa strada che Edith Bruck racconta con sentimenti di paura, quasi di panico, al lettore appaiono invece racconti di estrema lucidità, quasi di inevitabile follia per giungere alla guarigione, una guarigione interiore prima che fisica. Grazie per avere affrontato questa strada, grazie per il coraggio della parola che guarisce anche noi.
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